Una missione negli Usa per incontrare gli omologhi americani al Congresso, le task force dedicate alla disinformazione propalata da Russia e Cina, per parlare con esponenti della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato di Ucraina, guerra ibrida, difesa comune europea e strategie geopolitiche per contrastare i due giganti autocratici nello scenario africano. Il Copasir vola al di là dell'Atlantico, ma a inseguirlo sono ancora le polemiche per la «lista di proscrizione» dei putiniani d'Italia. «Troppo rumore per nulla», sospira il presidente, Adolfo Urso, che spiega: «Avevo chiarito subito che la notizia era priva di fondamento. Quando ho letto quel report, visto che non c'era alcuna lista, che non c'erano i nomi indicati nell'articolo, mi sono assunto la responsabilità di smentire ufficialmente, per frenare la polemica nei confronti delle istituzioni e degli operatori dell'intelligence che dobbiamo preservare da diatribe politiche. Peraltro quel documento non è proprio frutto di attività di intelligence. Era uno dei report, che il Copasir non ha mai ricevuto, prodotti da un tavolo interministeriale creato dal governo Conte nel 2019, e non conteneva alcuna violazione dei diritti costituzionali dei cittadini».
Erano notizie provenienti da fonti aperte, ma le polemiche sono continuate...
«Sì, e per questo ho chiesto che il report fosse declassato e, quando Gabrielli l'ha fatto, ho chiesto di acquisire anche gli altri report, chiarendo, credevo definitivamente, che in nessuno di questi documenti ci sono liste di proscrizione o attività di intelligence su cittadini italiani. Sono solo documenti tratti da fonti aperte su episodi di disinformazione e fake news, tutto realizzato da questo tavolo cui partecipano tanti soggetti estranei all'intelligence e persino l'Agcom. Speravo che bastasse a chiudere il caso, ma ancora oggi leggo che il Copasir avrebbe fatto non so quali indagini. Tutto falso. Dispiace che a distanza di dieci giorni dal chiarimento si continui con accuse del tutto infondate. Che portano discredito alle istituzioni che oggi più che mai devono risultare affidabili perché siamo impegnati in un contesto molto difficile, quello di supporto alla resistenza ucraina».
Quel tavolo perché era stato creato?
«Aveva lavorato durante la pandemia, per fronteggiare la massiccia disinformazione russa e cinese tesa a farci credere che le nostre democrazie fossero deboli per contrastare la pandemia e che erano più efficaci le forme autoritarie per fermare il contagio. Ora sappiamo che era tutto falso, lo dimostrano i lockdown con i quali la Cina fa ancora i conti. La missione americana ci ha fatto capire che tutto nasce dal tavolo creato da Obama nel 2016 per monitorare e denunciare la propaganda dell'Isis, e che ora lavora anche su Russia, Cina e Iran. Stessa cosa ha fatto la Ue già dopo l'annessione russa della Crimea, confutando da allora 19mila fake news. Insomma, anche il tavolo italiano nasce per rispondere a un problema reale, la disinformazione teorizzata dai russi per condizionare l'Occidente, inquinare i pozzi della democrazia.
Non liste di proscrizione, ma un'attività che contrasta le ingerenze straniere - con Russia e Cina che ormai da anni controllano la rete - mantiene libero il nostro sistema di informazione da condizionamenti e rende resiliente la nostra pubblica opinione».
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