L'Italia maglia nera nella richiesta di dosi: ne abbiamo ordinate appena 70 milioni

Il Regno Unito ne ha chieste 340 milioni, cinque volte la popolazione inglese

L'Italia maglia nera nella richiesta di dosi: ne abbiamo ordinate appena 70 milioni

L'antidoto anti Covid, se va bene, arriverà all'inizio del prossimo anno, ma la produzione seria inizierà in aprile e per una vaccinazione di massa si arriverà all'estate con la speranza di tornare ad una vita più o meno normale alla fine del prossimo anno. L'Italia ha ordinato 70 milioni di dosi, poche, rispetto ad altri Paesi europei come il Regno Unito, che ha richiesto 340 milioni, oltre cinque volte la popolazione inglese. Per non parlare degli Stati Uniti, ben più grandi di noi, che si sono già assicurati 800 milioni di dosi e hanno un'opzione per un altro miliardo.

Le tempistiche e il numero di dosi non saranno gli unici problemi. Kate Bingham, a capo della task force di Londra nella lotta al virus, in un articolo sulla rivista medica internazionale The Lancet ha messo le mani avanti. La prima generazione di vaccini anti-Covid-19 è probabile che sia «imperfetta» e «potrebbe non funzionare per tutti». In Europa, compresa l'Italia, sono in dirittura d'arrivo tre candidati alla terza fase di sperimentazione sugli esseri umani. L'Azd1222 ideato dallo Jenner Institute dell'università di Oxford e poi lanciato dalla multinazionale britannico svedese AstraZeneca in collaborazione con la società Ibrm di Pomezia. Il candidato vaccino della società americana di biotecnologie Moderna. E l'antidoto messo a punto dalla BioNTech tedesca in collaborazione con la compagnia farmaceutica Pfizer di New York.

Gli italiani di Pomezia puntano a consegnare le prime 15 milioni di dosi all'Europa entro l'anno, comprese 3 milioni per l'Italia. In realtà l'Agenzia europea del farmaco deve ancora ricevere e analizzare tutti i dati, si spera a fine novembre. E le prime dosi, che potrebbero slittare a gennaio, febbraio verrebbero poi utilizzate per il personale sanitario, militari e anziani nelle case di riposo. Ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato la produzione «da 20 a 50 milioni di dosi al mese» cominciando da aprile. La Ue punta a un primo blocco di 700 milioni di dosi, che verranno distribuite ai paesi membri in percentuale mensile a seconda delle ordinazioni. Si calcola che in giugno l'Italia potrebbe avere tutte le 70 milioni di dosi.

La stessa Commissione europea, però, ha rivelato che «non c'è alcuna garanzia che un vaccino candidato abbia successo».

Maurizio Ruscio, direttore del Dipartimento di medicina dei servizi dell'Azienda sanitaria di Trieste spiega al Giornale che «usciranno più vaccini che avranno diversi livelli di immunità». Non a caso sono 11 i candidati in fase di test clinici, che dovrebbero rendere nota l'efficacia entro la fine dell'anno. «Il secondo punto è quanto durerà l'immunità - osserva Ruscio - Ovvero se ci sarà bisogno di richiami ogni tot mesi o anni».

E poi c'è il grande tema della sicurezza del vaccino. «Sarà messo a disposizione della popolazione dopo aver superato le rigide regole previste per legge, ma come ogni automobile nuova saltano fuori i difetti quando la gente la guida - spiega l'esperto in prima linea nella lotta al Covid - Una vera sicurezza si avrà solo quando milioni di persone saranno vaccinate da tempo e quindi anni».

La validazione europea è molto rigorosa. Per questo motivo la Russia e la Cina, che hanno vaccini teoricamente già pronti, stringono accordi per distribuirli in Messico, India e nel continente africano dove i requisiti sono meno rigidi.

Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il 4 ottobre il secondo vaccino Sputnik, ma neanche il primo, di agosto, è stato convalidato dall'Organizzazione mondiale della sanità. I due vaccini cinesi sono nati sotto il controllo dei militari con il maggiore generale Chen Wei, una donna scienziato, che si è iniettata per prima, assieme al suo staff, l'antidoto anti Covid.

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