L'Italia riapre con 70mila malati e 145 morti. Ma i virologi: "Attenti, non sia un liberi tutti"

Azzerati i decessi in 8 regioni, Lombardia e Piemonte sorvegliate speciali

Un operatore sanitario in un reparto di terapia intensiva (La Presse)
Un operatore sanitario in un reparto di terapia intensiva (La Presse)

Ci siamo. Il giorno della riapertura è arrivato. E lo affrontiamo con numeri dignitosi in tutto il Paese, a parte Lombardia e Piemonte dove i casi restano a tre cifre. Tuttavia in otto regioni i decessi sono stati del tutto azzerati.

Attualmente i soggetti positivi dei quali si ha certezza sono scesi sotto la soglia dei 70mila. Per l'esattezza sono 68.351 (-1.836 rispetto a sabato) e rappresentano una valida premessa per mollare il freno ancora un po'. Il conto sale a 225.435 se si calcolano anche morti e guariti, cioè tutte le persone che sono state trovate positive al virus dall'inizio dell'epidemia. In base ai dati forniti dalla Protezione civile, i pazienti ricoverati con sintomi sono 10.311, di cui 762 sono in terapia intensiva. I morti 145 ed è il dato migliore mai avuto dall'inizio dell'epidemia.

Da oggi si tira la riga e si rimescola il mazzo di carte per la seconda tranche della riapertura. Ovviamente, aumentando i contatti tra la gente, qualche nuovo contagio ci sarà - sarebbe da ingenui pensare il contrario - ma l'importante è scovarlo subito e isolarlo. Fra due o tre settimane si potrà calcolare l'effetto di questa riapertura.

«Riapriamo con dati belli - è tranquillo Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e membro del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l'emergenza coronavirus - Sono i migliori dall'8 marzo ad oggi. La temuta impennata non c'é stata, nessun impatto negativo sul rallentamento dei casi».

Tuttavia ci sono alcune zone sorvegliate speciali: Lombardia, Molise e Umbria dove il rischio viene considerato moderato anziché basso come nel resto del Paese.

La Lombardia torna in pista con 69 morti e 326 contagi, dati in miglioramenti rispetto ai bollettini precedenti. «I dati indicano che il trend dei contagi è sostanzialmente soddisfacente - commenta l'assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera - Il rapporto tra i tamponi effettuati e i casi positivi è nel complesso favorevole. Raddoppia il numero dei guariti. Induce all'ottimismo anche il numero dei pazienti in terapia intensiva e non in terapia intensiva, entrambi in costante diminuzione». Un'incognita resta Milano: in provincia i casi sono 75 e in città 56, il doppio rispetto al giorno precedente. Le riaperture, dopo due mesi di lockdown e con un conto economico che si presenterà assai salato, sono ormai inevitabili, ma i virologi ricordano che «non è un liberi tutti», e che il virus è ancora in circolo. Quindi ripartire sì, ma con estrema prudenza, sostengono in un unico coro Fabrizio Pregliasco e Giorgio Palù.

Idem Roberto Burioni, che su twitter sottolinea: «Si riapre ma dobbiamo essere prudenti», commentando un tweet del medico Milad Sharifpour, anestesista alla Emory University di Atlanta, che avvisa dei rischi soprattutto legati alla massa di malati asintomatici. «Ci vuole cautela e buon senso - spiega Pregliasco, virologo all'università di Milano - sia da parte degli utenti che degli esercenti».

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