L'Italia riscopre il gusto di mangiare gli avanzi

Dieci milioni di famiglie consumano almeno un pasto insieme. Che amarcord rivedere le ricette as base di cibi del giorno prima

L'Italia riscopre il gusto  di mangiare gli avanzi

U n rapporto Coldiretti-Censis è stato dedicato a «Gli effetti della crisi. Spendo meno mangio meglio». Nelle sue linee essenziali la ricerca conferma ciò che tutti sappiamo: ossia l'impoverimento generale, gli italiani che non riescono a portare in tavola i cibi necessari per garantirsi una buona salute sono più che raddoppiati. «Sono stati 4 milioni i poveri che nel 2013 hanno dovuto chiedere aiuto per il cibo da mangiare. La fame, compagna dell'umanità dalla più fonda notte dei tempi, si riaffaccia anche nell' èlite economica del mondo. Non siamo alla ricerca d'un tozzo di pane - perfino il mendicante rifiuta a volte una brioche -, ma siamo all'umiliazione di persone dignitose e oneste che si trovano in tragica difficoltà».

Poiché questa analisi molto articolata e documentata può accrescere la depressione di me che scrivo e di voi che leggete, cerco di trovare, in quella massa d'informazioni, qualche motivo di consolazione. E qualche motivo per fortuna c'è. La sobrietà - se vogliamo usare un eufemismo montiano - imposta dagli eventi può avere risvolti virtuosi. Non proprio spontanei, ma positivi. Meno obesi. Più attenzione alla qualità e al prezzo. E poi una socializzazione forzata ma utile. «Si stimano in 10,6 milioni le famiglie che ogni giorno della settimana fanno almeno un pasto insieme, un momento quotidiano di incontro attorno alla tavola». Mancano da tempo i deschi gremiti d'occhi di bambini - spero di non sbagliare nella citazione pascoliana - perché alle tavole d'oggi è facile incontrare bamboccioni trentenni ancora legati alla famiglia o nonni o bisnonni piuttosto che piccini ansiosi d'avere la loro magra pappa (adesso i piccini in generale attingono liberamente al frigorifero). Non diciamo che sotto la sferza della crisi si abbia un ritorno alla famiglia patriarcale: ma la voglia di stare insieme, anche per risparmiare, è senza dubbio aumentata. Il consumatore moderno insieme alla convenienza cerca la genuinità. S'è avuto un revival della cucina povera, ma con esigenze nuove a proposito di cucina povera. Sono stato tantissimo tempo fa lettore - poi anche collaboratore - della Domenica del Corriere . Settimanale popolare che riusciva a vendere un milione di copie al suo pubblico modesto e onesto. Le ricette della Domenica erano in generale queste: prendete gli avanzi del giorno prima e, utilizzandoli bene, riuscirete a ricavarne squisite polpette che delizieranno il palato dei vostri commensali. Poi la Domenica del Corriere , foglio di un'altra, parsimoniosa Italia, è declinata, sono sopravvenute per le signore bene le pubblicazioni patinate ed eleganti. Le cui ricette - paradossalizzo un po', ma nemmeno tanto - erano suppergiù queste: «Prendete sei aragoste, mettetele a bollire, poi buttatele via: avrete un brodo squisito». Era la stagione della Milano da bere e della raffinata convivialità di partito.

Altra stagione. L' amarcord gastronomico guadagna terreno. Secondo l'indagine Coldiretti-Censis anche l'abitudine di fare scorte è riemersa.

Per effetto delle campagne promozionali, senza dubbio. Ma anche per effetto d'uno stato d'animo diffuso tra gli italiani, un'ansia quasi angosciosa per il futuro, l'idea che domani sarà peggio di oggi e dopodomani peggio di domani.

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