I conti si pagano. E quello della cena a Washington di Matteo Renzi e compagnia rischia di rivelarsi molto salato. Casualmente, mettiamola così, l'appuntamento con Barack Obama precedeva di sole 48 ore la riunione del Consiglio Europeo fissata per oggi e domani a Bruxelles. Una riunione in cui il nostro presidente del Consiglio e gli altri 27 capi di governo europei sono chiamati a rivedere le loro posizioni nei confronti di Mosca. Un Consiglio in cui a tutti, Matteo Renzi compreso, sarà chiesto di convergere su quelle linee «euro- atlantiste» già definite nell'incontro di lunedì dei ministri degli Esteri europei.
In quell'incontro è stato già approvato un documento di 51 pagine sulle priorità nell'ambito della sicurezza e della politica estera sufficiente a delineare un'imminente scontro a tutto campo tra un Europa ormai completamente sottomessa alle politiche di Obama e la Russia di Vladimir Putin. «Ad Est - scrive il documento - la violazione delle leggi internazionali e la destabilizzazione dell'Ucraina mettono a rischio l'essenza della sicurezza Europea. A Sud continueranno gli sforzi per mettere fine al conflitto siriano».
L'Italia addomesticata dal convivio obamiano dovrà dunque assecondare le posizioni di Bruxelles e Washington sui fronti caldi di Ucraina e Siria. Due fronti che rappresentano l'essenza delle politiche di Putin. Questa netta revisione dei rapporti tra l'Italia di Renzi e la Russia di Vladimir Putin, già avviata con l'annuncio dello schieramento dei nostri militari alle frontiere tra Lettonia e Russia, non verrà via a due lire. Il definitivo «tradimento» renziano promette di rendere ancora più pesanti le ritorsioni economiche riservateci da Mosca dopo quelle sanzioni europee del 2014 approvate grazie anche al voto italiano. Quel primo passo falso venne in parte mitigato dai tentativi di Renzi di dare un colpo al cerchio e uno alla botte alternando le genuflessioni a Bruxelles con qualche viaggio a Mosca e Pietroburgo e qualche timido, quanto poco convincente, tentativo di spingere i partner europei a rivedere le sanzioni. Ora però la conversione alle direttive obamiane è netta ed incontrovertibile. E questo non mancherà d'innescare, come già nel 2014, le dolorose ritorsioni economiche del Cremlino.
Ritorsioni che hanno colpito con particolare durezza il nostro paese costretto a rinunciare soltanto nel 2015 al 25,2 per cento delle esportazioni verso la Russia con una perdita secca da oltre 3,6 miliardi di euro. Dati ulteriormente aggravatasi nel primo trimestre del 2016, quando secondo i dati Sace (l'agenzia per i crediti all'export) abbiamo perso un altro 13,9. Le ripercussioni più dure, secondo le analisi della Cgia di Mestre, sono state registrate dai comparti produttivi della Lombardia con perdite superiori a 1,18 miliardi, dell'Emilia Romagna con ammanchi da 771 milioni e di un Veneto dove la decrescita ammonta a 688 milioni. Queste cifre, già tremende, diventano da brivido se si vanno ad analizzare i singoli settori azzoppati dalle ritorsioni russe. I produttori dell'agroalimentare e della meccanica, vere punte di lancia delle nostre esportazioni verso Mosca, hanno dovuto rinunciare rispettivamente al 36 e al 37 per cento del loro giro d'affari. E non ridono neppure gli industriali del mobile che hanno visto sfumare 400 dei 900 milioni d'euro fatturati fino a prima delle sanzioni.
Dati da incubo sufficienti a trascinare nell'abisso l'intera azienda Italia. Anche perché a farne le spese sono soprattutto quelle piccole aziende che rappresentano il cuore del nostro modello manifatturiero.
«Mentre i colossi tedeschi o americani dalle spalle larghe sono riusciti a sopravvivere meglio a questi colpi molti miei colleghi, titolari di aziende che avevano un canale di sbocco unico in Russia e vivevano di quell'export hanno subito una batosta tremenda», denunciava la scorsa primavera Roberto Snaidero presidente di Federlegno Arredo. Ma il vero colpo mortale rischia d'arrivare dopo il nuovo voltafaccia deciso a Washington e messo in scena a Bruxelles. Un voltafaccia che Vladimir Putin difficilmente riuscirà a perdonare.
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