Alain de Benoist scrittore, filosofo, attendo osservatore della politica da quando, quarant'anni fa, fondò la «Nouvelle Droite»: in due settimane si è passati da una Francia che sembrava preda dei neofascisti a una Francia in mano all'estrema sinistra.
Cosa è successo?
«In realtà il Rassemblement National non si è mai presentato come un partito di destra, ma come il partito del popolo francese. Ed è ciò che ha contribuito al suo successo. D'altro canto la Francia è lontana dall'essere caduta nelle mani di una sinistra sempre più estrema. Il Nouveau Front Populaire ha ottenuto il maggior numero di eletti, ma non ha né la maggioranza relativa né la maggioranza assoluta. Inoltre, La France Insoumise, con soli 74 eletti, è in una posizione chiaramente minoritaria, cosa che non avveniva nella legislatura precedente».
Il concetto di democrazia giustifica solo una alleanza per qualcosa o anche una alleanza contro qualcuno?
«Entrambe le cose possono essere giustificate in un regime democratico liberale. Spetta agli elettori giudicare se vogliono o no aderire ad un'alleanza puramente negativa».
Qual è il futuro di Marine Le Pen?
«È ben lungi dall'essere politicamente morta, anzi! I numeri parlano da soli. Nel 2017 il Rassemblement national aveva solo 6 deputati nell'Assemblea nazionale. Nelle elezioni legislative del 2022 è balzato a 89 deputati. Il 7 luglio ne ha ottenuti 143, il che è il contrario di un fallimento: Gérald Darmanin ha parlato di punteggio storico! Inoltre ha raccolto quasi 10 milioni di voti - nel 2022 ne aveva ottenuti solo 4,2 - contro i 7,4 milioni del Nouveau Front Populaire e i 6,5 milioni del centro macroniano».
E Macron? È l'imperatore che ha salvato la Francia o l'uomo che ha gettato il Paese nel caos?
«È Macron ad essere politicamente morto. La prova è che i suoi hanno già cominciato ad allontanarsi da lui, come i topi lasciano una nave che affonda. Il mese scorso ha giustificato la sua decisione di sciogliere l'Assemblea nazionale per motivi di chiarimento. Sul piano chiarificatore ha creato una situazione totalmente opaca e caotica. Ha prima dissolto la sua precedente maggioranza, ha dissolto il macronismo e, in un certo senso, ha dissolto se stesso. È riuscito in una sorta di colpo di stato istituzionale, ma rischia di travolgere la Francia nel suo fallimento».
Cosa succede ora: un governo di minoranza, una grande coalizione alla tedesca, un governo tecnico all'italiana?
«Questa è la grande domanda. Un governo tecnico e soprattutto una grande coalizione sono del tutto estranei alla tradizione politica francese. Faccio notare che se le elezioni generali in Francia si fossero svolte con il sistema elettorale inglese o con quello tedesco, Jordan Bardella oggi sarebbe Primo ministro. Per quanto riguarda un governo di minoranza, non durerà a lungo. Il fatto è che nessuno dei tre blocchi che formeranno la nuova Assemblea ha la maggioranza. La Francia è diventata ingovernabile».
Cosa dobbiamo aspettarci?
«Una paralisi istituzionale, instabilità e, senza dubbio, violenza. Questa è una situazione senza precedenti».
La contrapposizione tra popolo ed élites esiste sempre?
«Certo. In Francia, come in molti altri Paesi europei, è più vivo che mai. È questo che spiega in sostanza la ricomposizione politica in atto. Il divario orizzontale destra-sinistra è sempre più in competizione con quello verticale tra quelli in basso, che vivono in una triplice insicurezza politica, culturale e sociale, e una casta dominante che vive in superficie nelle grandi metropoli preoccupandosi solo dei propri privilegi».
Cosa sta accadendo in
Europa?«L'Europa, di cui l'Unione Europea è solo una caricatura, è oggi il luogo in cui si scontrano un vecchio mondo ormai in esaurimento e un mondo nuovo di cui ancora fatichiamo a discernere chiaramente i contorni».
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