Logo e identità I mostri sacri ripartono dalle loro radici

Fendi ripropone l'ultima sfilata di Lagerfeld, Emporio Armani porta in scena il buon gusto, Prada racconta il suo eterno romanticismo

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Lo voce di David Bowie cede il posto a quella di Karl Lagerfeld nel finale dell'indimenticabile sfilata Fendi per il prossimo autunno/inverno. Il Duca Bianco del rock canta sulle immortali note di Heroes che «noi possiamo essere eroi solo per un giorno» mentre il Kaiser della moda racconta come si è vestito per il suo primo giorno di lavoro da Fendi.

«Era il 1965, preistoria» esordisce e poi disegna velocissimo il cappello di Cerruti sui suoi capelli lunghi, gli occhiali neri, la cravatta alla Lavalliére, i calzoni alla zuava con gli stivali e una borsa «comprata a Milano». Insomma l'ultima collezione disegnata da questo genio assoluto é come la prima: un superbo lavoro sull'identità. Che è la cosa più preziosa per un marchio di moda così come per le persone che lo fanno. Non per niente quella stravagante cravatta alla Lavalliére diventa uno dei codici distintivi di quel che abbiamo visto ieri in passerella perché chiude un superbo paio di pantaloni in gabardine nocciola oppure svolazza al posto della martingala di un formidabile trench. Tutte le camicie sono abbottonate alte come quelle di Karl. Poi c'è la rivisitazione del logo, fondamentale per uno che diceva di chiamarsi «Logorfeld» e di essere un marchio itinerante. Stavolta La doppia FF del 1981 è ridisegnata in corsivo «Karligraphy» e compare tanto sui bottoni quanto sulle pellicce intarsiate. Poi ci sono le spalle a pagoda, il fascino discreto della borghesia nell'aristocratica visione della vita di questo titano dello stile, il suo gusto inimitabile. Silvia Venturini non esce a raccogliere gli applausi anche se sono suoi tutti gli accessori (le borse tra cui una nuova Baguette «ingabbiata» sono una più bella dell'altra e non parliamo delle scarpe) oltre all'impeccabile coordinamento dello show. È sempre lei che in una nota ufficiale rivela di aver sentito Lagerfeld appena qualche giorno fa e che i suoi unici pensieri erano dedicati alla ricchezza e bellezza della collezione. Insomma ha proprio ragione chi dice che l'identità di un uomo sta nella coerenza tra ciò che dice e ciò che fa.

La pensa così anche Miuccia Prada che sostiene di essere la persona più romantica del mondo, una che crede fino in fondo alle sue scelte, l'irriducibile bastian contrario dello stile contemporaneo. Anche stavolta, infatti, riesce a comporre un'immagine piena di dualismi: il bene e il male, i fiori e le scosse elettriche, la paura della guerra e il fascino della divisa, le scarpette rosse di Dorothy ne Il mago di Oz e i vestiti neri della malefica bambina de La Famiglia Addams interpretata da Cristina Ricci. Il senso di tutto questo romanticismo mostruoso viene riassunto visivamente nella stampa di Frankenstein che bacia la sua neosposa ma ancor più significativa è la colonna sonora composta da un sapiente uso delle cover, ovvero storici brani romantici come I put a spell on you di Nina Simone rivisitata da un cattivissimo come Marylin Manson. Insomma Prada come il Re Leone torna a ruggire dopo il taglio della criniera. «Si vede in giro tanto, un po' troppo» dice Re Giorgio dopo una sorprendente sfilata Emporio Armani intitolata Freestyle per via di un inedito uso del logo e del sapiente gioco dei contrasti portato alle estreme conseguenze. Ci sono i tacchi bassi (tecnicamente si chiamano kitten) delle scarpe a punta e gli altissimi stivali-calza che coprono le gambe per la sera.

Poi c'è un iniziale lavoro sulle fantasie che cambiano radicalmente la superficie dei tessuti per poi esplodere nella voluta contrapposizione di tre tinte primarie: bianco, nero e rosso. Vince quest'ultimo che pure è il prediletto da un'altra grande griffe del made in Italy. Ebbene Armani riesce a fare suo perfino il rosso e l'uscita con la pelliccia lunga fino ai piedi oppure quella con l'abito e il soprabito da sera incrostati di cristalli scarlatti è talmente identitaria che non servirebbe nemmeno l'aquilotto di Emporio sull'etichetta. «L'unico limite conclude - è il buon gusto che consiste nel saper rinunciare». Nel caso di Herno sarebbe un peccato mortale perché l'accoppiata tra i tessuti dell'alta moda e la tecnologia Laminar che risiede nell'inserimento di membrane termonastrate, rende i capi semplicemente divini.

Bellissima anche «Moda Povera», la sfilata-performance di Olivier Saillard che ha comprato in Internet delle gigantesche T-shirt trasformandole in pezzi unici con i drappeggi di Madame Gres. Certo con 12 sfilate in calendario e non si sa bene quante presentazioni, una cosa che profuma di cultura e lentezza è un lusso enorme.

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