Carlo Nordio (foto) ci stava provando, a svelenire il clima sul «caso Almasri», avviando un dialogo con la Corte penale internazionale: quella stessa Corte che ha aperto a tempo di record un fascicolo di inchiesta a carico suo, del ministro Matteo Piantedosi e del premier Giorgia Meloni. Ma proprio mentre il ministro della Giustizia cercava di ricucire faticosamente un rapporto sereno con i giudici dell'Aia, su di lui si abbatte la mozione di sfiducia che tutti i gruppi delle opposizione si preparano a depositare contro di lui. Una mossa senza alcuna possibilità di successo, quando si arriverà al voto del Parlamento. Ma che intanto fa salire ulteriormente la tensione intorno al caso del generale libico riconsegnato dall'Italia al suo paese nonostante fosse inseguito da un mandato di cattura della Cpi.
La notizia della mozione raggiunge Nordio in Turchia, dove si trova per una serie di incontri bilaterali. È una mozione dura anche nei toni, il Guardasigilli viene accusato di essersi messo in contrasto «con il dettato costituzionale nonché con le leggi italiane» sulla cooperazione con la giustizia internazionale, «il cui mancato rispetto è stato addirittura rivendicato orgogliosamente innanzi alle Camere». La mozione, secondo il testo reso noto dalle agenzie di stampa ma non ancora ufficializzato, attacca frontalmente insieme al ministro (accusato di avere portato in aula «una inopportuna, incoerente e sgrammaticata informativa» sulla vicenda Almasri) anche il premier Meloni, «questo Parlamento si è trovato ad essere umiliato dall'ostinata assenza della Presidente del Consiglio», che per le opposizioni è la vera responsabile della mancata consegna del libico alla Corte dell'Aia. Ma presentare una mozione di sfiducia anche contro il capo del governo deve essere apparso eccessivo, così i cinque capigruppo si limitano a invocare il voto del Parlamento contro il ministro della Giustizia. Una mossa che il centrista Carlo Calenda, unica voce dissenziente tra le opposizioni, commenta così: «Non è possibile che l'unica via per fare opposizione sia passare da una mozione di sfiducia all'altra. Ieri Santanchè, oggi Nordio. Tutte peraltro completamente inutili».
Più dell'impeachment chiesto dalle opposizioni, la principale preoccupazione di Nordio e del governo è trovare una via d'uscita dallo scontro frontale con la Cpi, tanto che avrebbe chiesto informalmente di avviare delle consultazioni. Il clima però rimane pesante, il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè ieri dice che la Corte è «un organo di diretta discendenza politica», i cui giudici «rispondono a logiche politiche», mentre in Israele il vicepremier Matteo Salvini ribadisce a Benjamin Nethanyau le sue «forti perplessità» sull'operato della Corte.
Ma si vuole ribadire anche che in discussione non ci sono la legittimità né l'importanza della Cpi, di cui l'Italia è uno dei paesi fondatori e il quinto principale finanziatore, con un contributo che copre il 5,9% dei duecento milioni annui di spese dell'organismo, ma solo la deriva terzomondista che avrebbero preso secondo il governo italiano alcune recenti iniziative, compresa quella a carico della Meloni e dei suoi ministri. Iniziativa che la Corte finora si è ben guardata dal notificare ufficialmente all'Italia.
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