In Italia vengono ricoverate per tumore 895mila persone in un anno. Con una spesa annuale di oltre 4 miliardi solo per i costi ospedalieri. Qualcosa non funziona ed è sempre più chiara la consapevolezza che il reparto debba essere riservato principalmente alle emergenze e ai casi gravi.
Per questo gli oncologi chiedono di migliorare l'assistenza sul territorio, le cure a domicilio, lo screening. E di distribuire le risorse in maniera più lungimirante per impostare l'oncologia del futuro. Anche perché le persone che convivono con una diagnosi di tumore sono aumentate di oltre 1 milione in quasi 15 anni, passando dai 2,5 milioni del 2006 ai 3,6 milioni nel 2020, pari a un aumento di circa il 40%. Molti di loro sono, a tutti gli effetti, guariti, altri hanno iniziato da poco le cure, altri ancora riescono a controllare la malattia per decenni grazie alle nuove terapie. Nel Piano Oncologico Nazionale di recente approvato, però, non sono previsti interventi normativi per garantire a tutti la riabilitazione.
«Serve un tavolo di lavoro per la stesura di un regolamento attuativo - chiede Francesco De Lorenzo, presidente della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia - Il Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 approvato a fine gennaio è un documento ambizioso ma generico nella formulazione degli obiettivi e non prevede i necessari finanziamenti per la loro realizzazione. Gli aspetti più critici, riguardano la mancanza di risorse per aumentare la copertura degli screening per tumori e i test genetici».
Il Piano oncologico, afferma Cinzia Iotti, presidente dell'Associazione radioterapia e oncologia clinica, «non prevede un ammodernamento delle strumentazioni per la radioterapia, che invece necessita di tecnologie e risorse umane in grado di offrire cure adeguate in tutto il Paese, per contenere le migrazioni sanitarie di pazienti e sui caregiver».
Infine nel Piano nazionale, afferma Saverio Cinieri, presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, «viene dato molto risalto alle Reti Oncologiche Regionali, però non viene fatto cenno al coordinamento generale delle Reti e non si prevede a questo scopo risorse dedicate».
Migliorare l'organizzazione ha un impatto diretto sui pazienti: arrivando a una riduzione del 6-8% della mortalità per tumore in Italia, si potrebbero evitare tra i 10mila e i 14mila decessi ogni anno. Per farlo però, «è indispensabile - sottolinea Carmine Pinto, presidente della Federation of Italian Cooperative Oncology Groups - l'implementazione degli screening, la riqualificazione dell'assistenza domiciliare, l'assistenza psicologica e la riabilitazione».
Uno dei punti su cui si sta riflettendo riguarda proprio la prevenzione: ora l'età in cui lo screening al seno è raccomandato va dai 50 ai 69 anni, ma si sta pensando di ampliare la fascia da 45 e 74 anni. Intenzione del ministro alla Salute Orazio Schillaci è anche potenziare la prevenzione al Sud e tra le categorie di donne più fragili.
Dal ministero arriva un'altra buona notizia: 600 milioni di euro già messi a bando per finanziare la ricerca contro i tumori. «I primi 300 milioni - spiega Schillaci - hanno finanziato 487 progetti. In particolare di questi fondi 262 milioni provenienti dal Pnrr sono stati assegnati a progetti di ricerca biomedica. La seconda tranche di 300 milioni di euro è stata invece messa a bando di recente e 50 milioni sono destinati a progetti di ricerca sui tumori rari.
Ricordo, infine, il Fondo per il rimborso di test genomici per il carcinoma mammario ormono-responsivo in stadio precoce. Le risorse, 20 milioni di euro annui, sono state ripartite tra le Regioni impegnate a portare a regime l'erogazione di questa prestazione che inciderà sull'appropriatezza delle cure».
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