nostro inviato a Bruxelles
Quello che si apre oggi a Bruxelles è un Consiglio europeo di «transizione». Perché è la prima riunione presieduta dallo spagnolo Antonio Costa e con Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue 2.0. Ma, soprattutto, perché arriva a un mese dell'inauguration day che il 20 gennaio sancirà l'inizio del mandato di Donald Trump alla Casa Bianca. Un passaggio decisivo per i nuovi equilibri geopolitici globali e che avrà conseguenze anche sull'Europa. Con ricadute importanti sul conflitto in corso tra Russia e Ucraina. Su questo fronte, infatti, l'approccio della nuova amministrazione è noto da tempo, con Trump che immagina un disimpegno degli Stati Uniti nei principali teatri di crisi.
Ed è soprattutto sul capitolo Kiev che l'Europa deve trovare una posizione comune per relazionarsi con il futuro presidente americano. Una questione di cui si è ovviamente discusso durante la cena organizzata dal segretario generale della Nato Mark Rutte. Che ieri sera ha incontrato nella sua residenza (quindi in via informale) i leader dei governi di Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Polonia con Volodymyr Zelensky ospite d'onore. Proprio Rutte, peraltro, due settimane dopo le presidenziali dello scorso 5 novembre è stato in vista da Trump nella tenuta di Mar-a-Lago. Occasione in cui il presidente eletto l'ha messo al corrente della posizione americana, che è quella di spingere per far sedere al tavolo Kiev e Mosca. Ma il tycoon deve aver anche chiesto a Rutte come pensa di muoversi l'Europa e che tipo di impegno in termini di uomini è disposta a fornire se e quando ci sarà da presidiare un'eventuale tregua con una forza di interposizione multinazionale a cui dovrebbero partecipare l'Ue e la Turchia.
L'ipotesi che finalmente si possa arrivare a un negoziato tra Russia e Ucraina, infatti, inizia a essere uno scenario plausibile. Ed è proprio in questo senso che molti ieri hanno letto le parole di Zelensky che, intervistato dal quotidiano francese Le Parisien, si è spinto per la prima volta a dire che Donbass e Crimea «sono territori ora controllati dai russi» e «non abbiamo la forza per riconquistarli» ma «possiamo solo contare sulla pressione diplomatica della comunità internazionale per costringere Putin a sedersi al tavolo delle trattative». Parole che potrebbero essere la base negoziale di un'Ucraina che si prepara all'era Trump.
A sera va poi in scena la cena da Rutte, con Olaf Scholz e Giorgia Meloni, mentre per gli inglesi partecipa il ministro degli Esteri (manca anche Macron, in partenza per Mayotte, territorio francese colpito da un ciclone). La convinzione dell'Europa che conta è che l'Ue si debba presentare con una posizione unitaria e, soprattutto, senza dare per scontata la soluzione negoziale, circostanza che indebolisce la posizione di Kiev.
Ed è per questo che von der Leyen insiste sulla necessità di «continuare a sostenere gli ucraini». Che è esattamente la linea di Meloni, tanto che la scorsa settimana in privato la premier aveva espresso soddisfazione quando Trump aveva detto che è sì «l'ora della tregua» ma «a fianco di Kiev». Non è un caso che la risoluzione di maggioranza approvata ieri in Senato impegni il governo a «continuare a sostenere per tutto il tempo necessario l'Ucraina», da un punto di vista politico-diplomatico ed economico-finanziario, pur proseguendo «nell'impegno diplomatico» per la pace. Così, lunedì Palazzo Chigi varerà un nuovo decreto con cui garantire forniture militari a Kiev per tutto il 2025.
Nella speranza, come auspica il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che il prossimo sia l'anno dei negoziati. Anche per questo Meloni ha insisto affinché nel testo delle conclusioni del Consiglio Ue di oggi fosse inserito il tema della ricostruzione dell'Ucraina in vista della Conferenza di Roma in programma il 10 e 11 luglio.
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