L'ultima vergogna partigiana: i bambini sponsor dell'odio

Sui social antifascisti la foto di due bimbi con un cartello: "Mio nonno sparava ai fascisti". Divampa la polemica

L'ultima vergogna partigiana: i bambini sponsor dell'odio

Qualcuno forse se l'è dimenticato. Era il cinque settembre del 2016 quando l'Anpi insorse contro il raduno "Ritorno a Camelot" organizzato dall'ultradestra italiana. Un gruppetto di ragazzi a Revine (Treviso) venne immortalato irrigidito nel saluto romano di balilla memoria. La foto-ricordo dei pargoli "fascisti" finì online e l'Associazione dei partigiani chiese di "perseguire" i genitori per la "strumentalizzazione" delle giovani menti. Una dura reprimenda sull'"esecrabile" comportamento di mamme e papà che fece scalpore. E provocò una feroce polemica a sinistra.

Tre anni dopo, situazione simile: corteo antifascista, due bimbi soridenti imbracciano un cartello eloquente con scritto "Mio nonno sparava ai fascisti, non li votava". Il piccolo, cappellino bianco e bottiglietta d'acqua in mano, sorride al fotografo. La bimba fa lo stesso, sorreggendo con entrambe le mani il manifesto. Dietro di loro gli adulti guardano e non si scandalizzano. Lo scatto viene condiviso online da Azione Antifascista, movimento con la missione di "derattizzare le città" e che - a quanto pare - non si fa problemi a utilizzare due giovani cuori per propagandare un messaggio che (per quanto "antifa") non è propriamente pacifico.

Abbiamo cercato di risalire alla data e al luogo in cui è stata scattata la fotografia, senza però riuscirci. Poco importa: qui il problema non è il dove né il quando, ma il come. Ovvero l'utilizzo che ne è stato fatto. I due bambini - così come i pargoli neonazi di Treviso - sono diventati incosapevoli portatori d'odio. Perché per quanto centri sociali e compagni continuino a cantare che "uccidere un fascista non è reato" e che "l'unico fascista buono è un fascista morto", non per questo sono due messaggi che insegneremmo ai nostri figli. O no?

Legittimare i colpi di pistola contro i fascisti (che poi, chi sono oggi i "fascisti"?) non è come raccontare la favola di cappuccetto rosso. Il "nonno" che spara ai "camerati" non è (solo) il cacciatore che uccide il lupo cattivo. Perché la storia della Resistenza nasconde tante, troppe ombre. Chi "sparava ai fascisti" colpì anche persone innocenti. Sarebbe giusto ricordare anche quei "nonni" del triangolo della morte in Emilia Romagna, quelli che usarono le pallottole per una sommaria "giustizia partigiana". Ai due ragazzetti avranno spiegato le esecuzioni, le torture, gli stupri e le crudeltà di (alcuni) partigiani? Oppure sono stati "usati" per veicolare l'idea che contro nuovi e vecchi "fascisti" si può sempre premere il grilletto?

La fotografia, dove o come sia stata scattata, è diventata presto virale in rete. In poche ore ha collezionato quasi mille reazioni, oltre 350 commenti e 400 condivisioni. Altri l'hanno ripresa e riproposta a loro volta. Oggi diremmo: è virale. Dunque occorre chiedersi: quale messaggio è passato? Se prendiamo per buone le parole del presidente dell'Anpi di Roma, Fabrizio De Sanctis, secondo cui "i geni del populismo sono nei dittatori del passato", potremmo pensare che quel cartello qualcuno lo abbia letto con un riferimento al presente. In fondo, a Modena, il corteo del 25 aprile ha preso di mira con scritte offensive le vittime delle foibe, i militari morti a Nassiriya e pure il ministro dell'Interno ("spara a Salvini"). Domanda: gli antifa pensano che il "nonno partigiano" di oggi avrebbe il diritto di sparare pure a loro, solo perché qualcuno considera carabinieri, militanti di destra, leghisti, Salvini o Berlusconi dei "fascisti"?

Sorprende (o forse no) che gli antifascisti s’indignino per i saluti romani e non facciano lo stesso in questo caso. E che, anzi, lo trasformino in motivo di vanto condividendo lo scatto su Facebook. L’odio nazista è forse diverso dall’odio di sinistra? No: un chilo di piombo pesa esattamente come un chilo di piume. Ma qui c'è di mezzo la (presunta) superiorità morale dei "democratici".

È in base a questa millantata "superiorità" che l’eterna guerra civile italiana, riproposta ogni anno da alcuni, diventa l'occasione perfetta per attaccare il nemico del momento: basta etichettarlo come "fascista" e tutto diviene legittimo.

Pensatela come volete, ma almeno fatevi una domanda: siamo sicuri che affidare a due bimbi quell'annuncio d'odio sia davvero educativo?

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