La prima vittima risale all'11 marzo. È Roberto Stella, responsabile dell'area Formazione della federazione dell'ordine dei medici e presidente a Varese. Quel giorno i colleghi restano sconvolti dalla sua scomparsa. Capiscono subito che il suo decesso non resterà un caso isolato. E non fanno nemmeno in tempo a mettere a fuoco questo pensiero che arrivano, una dopo l'altra, le nuove vittime sul campo: pneumologi, medici di base, cardiologi, anestesisti. Una dolorosa spoon river che non conosce sosta. Fino a contare 168 vittime solo fra i camici bianchi. In tre mesi.
Ora l'Ordine del medici di Milano, nel cuore della regione più colpita, chiede un riconoscimento statale per i colleghi che «hanno dato la vita o la loro salute per gli altri». Un indennizzo che ripaghi, almeno formalmente, tutto il personale sanitario, medico e paramedico, che è sceso in campo nella battaglia contro il Covid. Il consiglio dell'ordine dei camici bianchi ha varato una mozione per la promulgazione di una legge urgente in favore dei medici «che hanno pagato di persona la fedeltà alla loro missione nei mesi più caldi della crisi Covid».
«Morire o essere feriti mentre si cerca di salvare gli altri e combattere un nemico invisibile. Così fare il medico, o svolgere una qualsiasi altra professione sanitaria, è diventato come affrontare un vero campo di battaglia nella pandemia Covid-19 - spiega Roberto Rossi, presidente Omceo di Milano - Crediamo che questo sia un motivo più che sufficiente per essere ricordati dallo Stato. Dalle massime cariche statali serve uno sforzo per sottolineare concretamente il coraggio, la lealtà e l'alta professionalità di chi, pur consapevole di affrontare un rischio elevatissimo, non si è sottratto alla prima linea e ha aiutato a uscire dalla crisi medico-infettiva un'intera nazione».
Sono stati chiamati eroi, ma forse il termine più adatto sarebbe, sostiene Rossi, «moderni militi ignoti», da onorare come fossimo in guerra. «La nostra - chiarisce il rappresentante dei medici - è una vera e propria richiesta di solidarietà sociale. Bisogna infatti riconoscere concretamente il sacrificio di tutti i moderni militi ignoti che ormai da molti mesi hanno spontaneamente scelto di immolarsi, nonostante la mancanza di dispositivi di protezione individuali e nonostante la consapevolezza di esporsi a un contatto diretto col virus. Al di là di uno stretto rapporto di causa medico-legale, ovvero della precisa individuazione patogenetica circostanziale, ci sembra corretto che si risarciscano i superstiti di chi ha perso la vita o direttamente chi ha contratto il virus con conseguenti lesioni permanenti».
Sulle morti dei medici ci saranno inchieste, cause legali, chiarimenti per ricostruire tempi e modi dei contagi. Ma al di là dei compiti che spettano alla magistratura e che verranno perciò gestiti in altra sede - osserva Giuseppe Deleo, consigliere dell'Omceo e medico legale - l'Ordine avverte naturale e spontanea la necessità di contemplare legislativamente questa norma di equo indennizzo, da corrispondersi per esempio nel consolidato canovaccio della Pensionistica privilegiata di Stato, nota come causa di servizio. Tutto ciò a prescindere dall'individuazione del preciso momento infettante e dalla eventuale sussistenza di concause».
La richiesta di una legge ad hoc sui medici vittima nasce dalla consapevolezza che le coperture assicurative destinate ai sanitari sono «insufficienti e inadeguate».
«Auspichiamo ora - spronano infine i medici - una risposta ampia e positiva e una rapida evoluzione, che testimoni socialmente la riconoscenza verso coloro che hanno anteposto ai propri interessi il bene pubblico». E tutto questo sarebbe un riconoscimento dovuto e ben più importante della «medaglia» formale, delle targhe e dei ringraziamenti pubblici rivolti dalle istituzioni a chi non c'è più.
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