L'urlo di Netanyahu: "Insieme vinceremo". Ma i democratici disertano il discorso

Il premier israeliano interviene al Congresso Usa, in 100 scelgono di stare coi parenti degli ostaggi. Kamala non c'è, vede Bibi oggi

L'urlo di Netanyahu: "Insieme vinceremo". Ma i democratici disertano il discorso
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«Insieme vinceremo». Sì, ma insieme con chi? Benjamin Netanyahu parla per la quarta volta al Congresso Usa - una in più di Winston Churchill, per dire - e lo fa in un clima teso, davanti a un'aula in parte vuota, i buchi riempiti da molti ospiti. Il Congresso applaude il suo discorso lungo molti fogli, ogni tanto i parlamentari si alzano, ma sembra un rituale stanco. Fuori Washinton conosce una giornata di tensione per le proteste filopalestinesi che hanno coinvolto migliaia di persone che hanno cinto d'assedio il Congresso e la Casa Bianca, protetti da barriere di metallo in un clima che a molti ha ricordato quello del 6 gennaio 2021. Le forze dell'ordine della capitale hanno bisogno dei rinforzi, che arrivano da New York. Duecento arresti, denunce di uso da parte dei poliziotti di spray al peperoncino. Alle proteste oltre a organizzazioni islamiche anche molti esponenti di Jewish Voice for Peace, ebrei americani che chiedono la fine del conflitto a Gaza e l'arresto di Netanyahu in base al mandato spiccato dalla corte penale internazionale a maggio.

Netanyahu parla, per una mezz'ora. Frasi attese, strappa-applausi: «Non siamo di fronte a uno scontro tra civiltà, ma tra barbarie e civiltà e per far trionfare le forze della civiltà America e Israele devono stare insieme». Poi: «Ci incontriamo oggi a un bivio della storia. Il nostro mondo è in subbuglio. In Medio Oriente, l'asse del terrore iraniano si confronta con l'America, Israele e i nostri amici arabi», e qui Netanyahu si gioca uno dei suoi pochi assi, la paura di Teheran. Ancora: «Chi protesta contro Israele sta con gli assassini di Hamas, con il male. Dovrebbero vergognarsi».

Applausi, ma anche mani rifiutate, come quella del leader della maggioranza democratica al Senato, Chuck Schumer. E cartelli come quello esposto dalla deputata democratica del Michigan, l'islamica Rashida Tlaib: «Criminale di guerra» su un lato, «Colpevole di genocidio», dall'altro. Qualcuno mette a referto la sua contrarietà all'ospite con la sua assenza. Tra essi la vicepresidente e candidata Dem alla Casa Bianca Kamala Harris, che però oggi incontrerà Netanyahu, separatamente da Biden. Una scelta non condivisa dallo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, che parla di decisione «irragionevole», ricordando il precedente dello stesso Biden che disertò l'ultimo discorso del primo ministro israeliano nel 2015. Anche il vice annunciato di Donald Trump JD Vance manca ma per precedenti impegni elettorali. «Vance è solidamente schierato con il popolo di Israele», conferma il consigliere della campagna elettorale di Trump Jason Miller.

Eclatante la presa di posizione di un centinaio di esponenti democratici di Camera e Senato, che preferiscono partecipare a un evento nel seminterrato del Campidoglio con alcuni parenti degli ostaggi trattenuti a Gaza, «israeliani che sono venuti qui, non per interferire nella politica presidenziale americana o per andare a visitare Mar-a-Lago», spiega il deputato Jamie Raskin. Tra essi anche l'influente ex speaker della Camera Nancy Pelosi. C'è al Congresso, invece, un po' a sorpresa Elon Musk, ceo di X e Tesla, sempre più intenzionato a dire la sua in vista del voto di novembre. Musk ai giornalisti dice di essere ospite del premier israeliano, evidentemente bisognoso di volti amichevoli in un'aula ostile.

E ci sarà, ovviamente, Donald Trump: «Non vedo l'ora di incontrare Netanyahu venerdì (domani, ndr) e ancora di più di andare avanti verso la pace in Medio Oriente», scrive il candidato alla Casa Bianca su Truth. Su lui Bibi può ancora contare.

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