M5s costretto al dietrofront pure sui condom ai migranti

Il capogruppo grillino D'Uva detta il contrordine: «La Lega non vuole darli gratis ai richiedenti asilo»

M5s costretto al dietrofront pure sui condom ai migranti

Tireremo dritto (fino alla prima curva).

Ma chi ha detto che la solidarietà tra gli alleati di governo sta venendo meno? Che anche su materie non comprese dal contratto gialloverde sia difficile trovare una «quadra» fra posizioni diverse, ma così diverse da far pensare a contorcimenti da kamasutra? Per una maggioranza che arde sui fuochi della monnezza campana o s'impenna sui trafori delle Grandi opere, ecco il caso di scuola di come possa essere facile venirsi incontro (e dirsi addio).

È il caso che imperversa, con sfaccettature non sempre edificanti: quello dei preservativi gratis ai migranti. Un'idea partorita da una deputata emiliana del Pd, Giuditta Pini e subito condivisa dalle sue compagne di partito Elena Carnevali e Alessia Morani. Quindi bocciata dalla maggioranza in commissione Affari sociali, ma repentinamente scippata dai Cinquestelle per poterla riproporre in commissione Bilancio. Quando un'idea è «buona», si sa, va via come il pane. L'emendamento all'art.40 della manovra prevedeva in via sperimentale per il 2019 e 2020 la distribuzione gratuita di contraccettivi «meccanici o di barriera» ad alcune categorie, protette o inserite per imperscrutabili motivi dal legislatore. Così, accanto agli indigenti e alle persone affette da alcune patologie, anche i minori di 26 anni (limite d'età del «bamboccione-tipo»), donne che abbiano abortito o per i dodici mesi successivi a un parto (chissà perché). A fare scalpore, però, era l'estensione della distribuzione ai beneficiari di «protezione internazionale» e richiedenti asilo. Idea che fa rizzare i capelli ai leghisti, ma anche alla leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che ieri la definiva «proposta choc» cui «non era arrivata nemmeno Laura Boldrini». «Così oltre a vitto e alloggio, paghetta e Wi-Fi, gli italiani dovranno pagare pure i preservativi a chi si dichiara richiedente asilo, e che nell'85 per cento dei casi risulta essere un clandestino», tuonava la Meloni. Ma niente paura: nel giro di ventiquattr'ore, e presumibile scambio di sms tra Salvini e Di Maio (il Whatsapp pare sia ancora attivo), il capogruppo grillino alla Camera, Francesco D'Uva, spiegava un clamoroso dietrofront. L'idea «merita attenzione», diceva D'Uva con linguaggio da burocrazia prenatale, «ma per il momento è destinata a non avere riscontro». Il capogruppo sconfessava i suoi deputati, evidente avanguardia impazzita: «È stato proposto da alcuni esponenti del M5s, che hanno autonomamente preso un'iniziativa importante». Peccato però che sul notevole azzardo «non c'è accordo con la Lega», rilevava non senza una nota di rammarico D'Uva. Che trovava sponde ugualmente rammaricate nell'ex capogruppo di Si, Arturo Scotto, che non temeva di autodefinirsi «radical-chic», ergo «schifato» dal fatto che «la Lega pretenda questa discriminazione dei rifugiati, alzando muri pure sul sesso, sull'amore, sui sentimenti». Non solo: rammaricato si dichiarava pure l'esponente di +Europa, Antonio Santoro, secondo il quale si sarebbe trattato di «una misura giusta che andava nella direzione di ridurre il ricorso all'aborto per le gravidanze indesiderate e di limitare il rischio di malattie sessualmente trasmissibili nella fascia di popolazione più esposta». Per il fan della Bonino, «il M5s ha ceduto insomma alla paranoia xenofoba della lega, in quanto il provvedimento era esteso ai richiedenti asilo.

Esattamente quella Lega che dice che i migranti portano le malattie e che si allarma per l'alto tasso di natalità tra gli stranieri presenti nel nostro Paese». Mo' che gli hanno spiegato come bloccare la riproduttività dei migranti, chissà che non ci ripensi di nuovo pure Salvini.

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