Il M5S rischia l'emorragia dopo l'addio di Di Battista

In tanti pronti a seguire l'ormai ex attivista grillino: lo strappo può portare via ben 40 parlamentari. Adesso i pentastellati temono la scissione definitiva

Il M5S rischia l'emorragia dopo l'addio di Di Battista

Nel M5S non c'è pace. E non ci sarà di certo nei prossimi giorni. Dal risultato di Rousseau, che ha dato il via libera al sostegno al governo guidato da Mario Draghi, emerge una profonda spaccatura dell'elettorato e degli eletti: il 59% si è schierato a favore, mentre il 41% ha espresso una posizione contraria e adesso si temono fughe pesanti. Una di primisso rilievo è arrivata nella serata di ieri, quando Alessandro Di Battista via Facebook ha comunicato la propria scelta: "Accetto la votazione ma non posso digerirla. Da tempo non sono d'accordo con le decisioni del Movimento 5 Stelle e ora non posso che farmi da parte".

L'ormai ex attivista pentastellato già qualche giorno fa aveva anticipato che avrebbe intrapreso la strada dell'addio qualora il suo gruppo non avesse agito in coerenza con i propri storici principi: "Arrivederci e grazie". L'esito della consultazione online, se da una parte ha evitato momentaneamente lo psicodramma del Pd, dall'altra ha innescato una serie di furibonde reazioni all'interno del Movimento 5 Stelle che ora rischia di dilaniarsi in maniera inequivocabile. "Spero che finalmente si possa fare un po' di opposizione in maggioranza", è l'auspicio dei duri e puri.

Il gruppo ribelle

Nonostante l'esito del voto su Rousseau c'è chi, come il deputato Pino Cabras e il senatore Mattia Crucioli, ha annunciato di votare contro l'esecutivo dell'ex governatore della Bce e dunque rischierà l'espulsione. Altri invece potrebbe abbandonare autonomamente il M5S e sfilarsi dal gruppo giallo. Il timore di una scissione è alto, così come è notevole lo scontro tra le anime interne: "Se vogliono andarsene ora lo possono fare pure". Anche i più irriducibili si dicono "pronti a sfilarsi".

I big come Nicola Morra e Barbara Lezzi, scrive il Corriere della Sera, probabilmente si ritaglieranno un ruolo da "sentinelle". Danilo Toninelli invece potrebbe restare in corsa per la guida del Movimento. L'ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva esplicitato il "no" al quesito sulla piattaforma, ma ha accettato il responso e quindi si adeguerà all'indirizzo tracciato dalla base: "Ora il voto va rispettato e tutto il M5S dovrà dare il massimo per controllare le azioni del nascituro governo e per proporre le migliori soluzioni ai problemi di tutti i cittadini italiani. Non sarà facile, ma ce la metteremo tutta".

Resta da capire se l'ala ribelle (che conta 20-25 deputati e 10-15 senatori) agirà in maniera compatta: se sì, l'ombra di una spaccatura definitiva sarebbe davvero concreta. E a quel punto, come fanno notare, "non rimarrà più nulla". Nel mirino degli eletti rammaricati è finito Beppe Grillo, che a loro giudizio "ha ucciso l'entusiasmo a tutti". Un esponente critico sottolinea che il risultato maturato non si può "dimenticare nel giro di due ore". Di Battista è stato sempre considerato un pilastro dei 5S, "ma chi rimane ha una responsabilità ancora più grande nei confronti della base proprio perché non c'è più lui".

L'ex attivista pentastellato aveva più volte perdonato i tradimenti del Movimento (prima al governo con la Lega, poi con il Pd e con Renzi), ma alla fine - si legge su Il Giorno - potrebbe armare la fronda reazionaria portandosi dietro quelli che hanno da sempre creduto nel sogno che Grillo chiamava "la rivoluzione senza sedi, senza soldi, senza tesori".

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