"Mai pensato a scuola d'élite. Vanno valorizzati i talenti"

Il ministro Valditara sul verdetto che ha assolto Berlusconi: "Mi sorprende che ci sia chi non rispetta le sentenze"

"Mai pensato a scuola d'élite. Vanno valorizzati i talenti"

Persona, famiglia, Stato e libertà. Sono tra i più importanti snodi della nostra Costituzione. Pochi forse lo sanno ma la stesura della Carta ha risentito dell'influenza, sia per adesione sia per opposizione, del diritto romano. Il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara ha studiato a lungo il lavoro fatto dai Padri fondatori. Ne è nato un saggio, Alle radici romane della Costituzione (Guerini e Associati), che sarà presentato domani sera (ore 18) alla libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele a Milano.

Ministro Valditara, perché per capire la Carta è importante riscoprirne le radici?

Il diritto romano e la cultura romanistica hanno svolto un ruolo importante. Penso per esempio al primato della persona e della famiglia rispetto allo Stato. Andare alla ricerca delle radici culturali, non solo quelle romanistiche, significa capire cosa pensavano e cosa volevano i costituenti e quindi il senso di determinate norme e la loro portata».

Oggi la persona viene ancora prima dello Stato?

«Già La Pira aveva sottolineato il primato della persona come reazione alle dittature del Novecento. Eppure la tendenza verso un ruolo invasivo dello Stato ha caratterizzato la storia repubblicana già dagli anni Sessanta del secolo scorso. Bisogna, invece, riaffermare il principio che lo Stato è funzionale alle esigenze della persona e non viceversa».

La persona fu messa al centro anche nel dibattito sulla giustizia. Come hanno lavorato i costituenti?

«Il principio alla base è che la sovranità spetta al popolo. Se il principio della democrazia si fonda sulla volontà popolare, è evidente che la fonte del diritto non può essere mai la giurisprudenza ma solo la volontà del parlamento, ovviamente con la garanzia del controllo di legittimità costituzionale svolto dalla Corte».

Qualcosa, però, oggi si è rotto.

«A partire dagli anni Sessanta, una certa giurisprudenza si è arrogata il potere di dare un'interpretazione costituzionalmente orientata alle leggi e di interpretarle talvolta in modo difforme dalla volontà del legislatore».

Cosa ha comportato?

«La magistratura ha sempre più accresciuto il suo ruolo a scapito del legislativo e dell'esecutivo. E così la tradizionale tripartizione dei poteri che risale a Montesquieu è andata in crisi».

L'assoluzione di Berlusconi nel processo Ruby è arrivata dopo undici anni di calvario. Non è troppo?

«Indubbiamente. Mi sorprende poi che vi sia chi non rispetti le sentenze e pretenda di affermare una volontà mediatica che non ha nulla a che vedere con la volontà dei giudici. Che invece è l'unica volontà ad essere rilevante. Vi è chi non conosce le regole fondamentali dello Stato di diritto, un fondamento della democrazia, e ciò preoccupa»,

Quando si è insediato è stato attaccato dalla sinistra per aver portato il merito nel suo dicastero. Il merito non rientra tra i valori difesi dalla Costituzione?

«Per capire cosa si debba intendere per merito dobbiamo coniugare gli articoli 34 e 3. Il primo intende favorire la prosecuzione nel percorso scolastico dei capaci e meritevoli; l'altro mira a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono ad ogni persona di realizzarsi».

Nessuna visione elitaria dell'istruzione, dunque.

«Affatto. La scuola deve rimettere in moto l'ascensore sociale che si è bloccato, valorizzando i talenti di ognuno e garantendo ad ogni giovane, in particolare a chi ha più difficoltà, una chance di affermazione nella vita».

Un'altra accusa mossa dalla sinistra al governo, ancor prima di giurare, è di voler minare libertà e diritti.

«Intanto non conosco una sola norma approvata da un governo di centrodestra che abbia violato le libertà individuali. Semmai, e lo voglio denunciare con forza, trovo che una certa cultura di sinistra, cosiddetta progressista, neghi nei fatti la libertà di opinione con la cancel culture, il politically correct e mettendo al bando le opinioni che non collimano con la vulgata mainstream».

Una tendenza che si manifesta sulla stampa,

nell'editoria e nelle università.

«Il problema non è solo italiano. In diverse università anglosassoni se non sei coerente con un certo orientamento culturalmente prevalente non vieni assunto o puoi essere licenziato».

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