Di Maio sfida i ribelli M5s: "Mi dimetto, vediamo che sanno fare"

Il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, evoca il passo indietro per sfidare i malpancisti. Ma in realtà non lascia: anzi, raddoppia. Aprendo però a una gestione collegiale del partito in vista degli Stati generali di marzo

Di Maio sfida i ribelli M5s: "Mi dimetto, vediamo che sanno fare"

Ministro degli Esteri e capo politico del Movimento 5 Stelle. Incarichi che a Luigi Di Maio portano, nelle ultime settimane, più oneri che onori. Mentre il mondo vive la crisi internazionale più grave degli ultimi anni, il leader pentastellato è in mezzo a due fuochi. Da un lato l'attività diplomatica svolta per conto del governo (non si sa quanto concordata con il premier Giuseppe Conte dopo che quest'ultimo ha invitato a Palazzo Chigi il generale libico Khalifa Haftar senza informare il capo della Farnesina). Dall'altro un impegno forse ancora più "diplomatico": tenere insieme le truppe pentastellate. Questa sì, una mission impossible.

I malpancisti nel Movimento non si contano più. E Di Maio è arrivato al limite della sopportazione. Qualcuno, come il Fatto Quotidiano, ha rivelato che Giggino sarebbe pronto a dimettersi. Ipotesi smentita categoricamente dalla comunicazione M5s. Ma qualcosa sotto c'è di sicuro. Per il Corriere della Sera, la parola "dimissioni" è uscita davvero dalle labbra del capo politico pentastellato. Uno sfogo che Di Maio si è lasciato scappare davanti ai suoi fedelissimi, convinto che sarebbe rimasto privato.

Una talpa, però ha fatto uscire la notizia. "Ora basta, se vanno avanti così mi dimetto: vediamo cosa sanno fare, che provino loro a tenere la guida del Movimento". "Loro" sono i malpancisti, quelli che remano da mesi contro Di Maio. Non tutti hanno digerito la decisione di dar vita al governo giallorosso. Ma le accuse sono altre. Poca trasparenza, pochissima democrazia interna. E la questione dei rimborsi, che nelle ultime settimane ha spaccato i 5 Stelle creando i presupposti per l'addio di alcuni senatori.

Defezioni che non mettono a rischio i numeri del governo. Per ora. Di Maio lo sa e per questo ha deciso di apportare alcuni cambiamenti alla macchina pentastellata. Si pensi ai facilitatori, figure pensate per migliorare e rendere più efficace il dialogo interno al Movimento. Non solo. Pare che Giggino, per scongiurare altri addii, abbia acconsentito alla realizzazione di struttura nuova di zecca, per una "gestione più collegiale" del M5s. La novità più rilevante riguarda Rousseau, piattaforma "privata" a cui i parlamentari 5s devono versare una quota mensile. Per evitare polemiche, Rousseau sarà inglobata nel Movimento.

Prevista anche la transizione verso il modello partitico. Come scrive il Corriere, saranno destinati fondi ai territori per le iniziative e si darà vita a un nuovo progetto civico parallelo che tenda ad integrare tutte le realtà civiche del Paese. Il tutto in vista dell'appuntamento fondamentale di marzo, gli Stati generali in cui i 5 Stelle dovranno decidere una volta per tutte che direzione intraprendere.

Su questo, Di Maio e Grillo hanno idee molto diverse. Il capo politico è fedele alla linea della "terza via", alternativa a centrosinistra e centrodestra. Mentre il comico sarebbe per un'alleanza stabile con i dem. Chi vincerà?

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