«Un buon cambiamento». Così un primario esponente di governo commenta il compromesso raggiunto dalla maggioranza sulla flessibilità di pensionamento. La reintroduzione di Quota 103, seppur con qualche paletto in più (vedi articolo a fianco), ha appianato - almeno su questo fronte - qualche divergenza emersa nella maggioranza. E, dunque, si può parlare a pieno titolo di intesa raggiunta nel governo di Giorgia Meloni, anche se in politica vale il famoso detto del Trap («Non dire gatto se non l'hai nel sacco»).
Tanto più che il malcontento del sindacato sulle pensioni anticipate questa volta è stato espresso pure dalla Cisl, l'organizzazione meno conflittuale. E, finché la manovra non approderà in Parlamento, resteranno da superare le divisioni sul capitolo fiscale, in particolare quello che riguarda la casa. Da una parte, Forza Italia più sensibile alle istanze dei proprietari immobiliari, dall'altro lato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, che ha sottolineato come l'aumento della cedolare al 26% sugli affitti brevi sia stata studiata «non per fare cassa ma a tutela di famiglie e studenti universitari». Occorre infatti sottolineare come la modifica del capitolo pensioni sia stata adottata rispettando la cornice della Nadef, cioè del Dpb inviato a Bruxelles. Questo allo scopo di confermare l'affidabilità del nostro Paese agli occhi dei partner Ue e dei mercati nel giorno in cui è giunto il nuovo verdetto dell'agenzia di rating Dbrs.
Come ha detto ieri a Bruxelles il premier Giorgia Meloni in riferimento alla volontà di lasciare il testo intatto nei passaggi parlamentari, «l'elemento che qualifica la capacità della maggioranza di fare il suo lavoro è la tempistica con cui decide». D'altronde, ha ribadito, la norma sui pignoramenti dei conti correnti «non è nella legge di Bilancio». La settimana prossima partirà la sessione al Senato e l'approdo in Aula è atteso per la fine del mese di prossimo in modo da chiudere il lavoro entro la prima metà di dicembre.
E proprio a Bruxelles Meloni ha riproposto lo schema del «pacchetto». Non si fa nulla sul Mes fino a quando non si chiarisce il futuro del Patto di Stabilità.
«Non è utile da parte di nessuno porre la questione Mes adesso perché richiama al vecchio Patto», ha spiegato. Non si esclude che la discussione di fine novembre sulla ratifica in Aula alla Camera possa essere rimandata senza nuovi segnali di ammorbidimento delle politiche di austerity.
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