Il marcio nei lavori pubblici scoperto con 50 anni di ritardo

Il ministero dei Lavori pubblici fa gola a tutti. Chi se ne impossessa gode e gli altri stanno a guardare, gonfiandosi di invidia

Il marcio nei lavori pubblici scoperto con 50 anni di ritardo

Il ministero dei Lavori pubblici fa gola a tutti. Chi se ne impossessa gode e gli altri stanno a guardare, gonfiandosi di invidia. Non stupisce che Maurizio Lupi, ciellino, ex Forza Italia e ora Ncd (Nuovo centrodestra), sia stato costretto a sloggiare. Lui stesso si è cacciato nei guai fornendo alla maggioranza il pretesto per invitarlo perentoriamente a togliersi di mezzo. La vicenda è nota. Pur non indagato, Lupi è stato intercettato al telefono e si è scoperto un suo altarino antipatico: egli ha raccomandato il figlio ingegnere affinché trovasse un posto, peraltro modesto, stipendio misero, 1.300 euro mensili, pare. Inoltre, il ragazzo avrebbe ricevuto in dono un Rolex e un abito. Robetta. Però sufficiente per accusare l'ormai ex ministro di aver approfittato del proprio ruolo istituzionale allo scopo di ottenere favori.

Veniali o gravi, i peccati sono peccati e, se accertati, si pagano cari. Perché? L'obiettivo di ogni politico è la poltrona. Per la conquista della quale scoppiano guerre fratricide. Lupi ci ha rimesso le penne e non poteva essere diversamente: la sua cadrega era troppo importante e a molti non è parso vero di fargliela perdere nella speranza di occuparla. In sintesi, questo è successo. Occorre precisare che i lavori pubblici sono da sempre nell'occhio del ciclone, e vediamo di spiegare perché. In Italia le opere statali (dalle più piccole alle più grandi) costano mediamente il doppio o addirittura il triplo rispetto ad altri Paesi europei, e i tempi di esecuzione sono assai lunghi, troppo lunghi per non incidere sulla spesa finale, alzandola a dismisura. Il sospetto che qualcuno ci marci è fondato? L'esperienza insegna che gli appalti, a causa di regole contorte e interpretabili in mille maniere (non tutte oneste), si prestano a imbrogli: spesso se li aggiudica l'impresa che sgancia tangenti. Nel caso di Lupi, non è corretto affermare ci sia sotto un giro di corruzione. Bisogna aspettare la conclusione dell'inchiesta. Ma il dubbio è gigantesco. Infatti, il funzionario deus ex machina del ministero, Ercole Incalza, è già finito agli arresti nell'ambito delle indagini che hanno provocato le dimissioni - incoraggiate da Renzi - del ciellino.

Incalza, nonostante abbia superato l'età massima per il ruolo ricoperto, continuava a menare il torrone: gli appalti erano dominio suo. Secondo le carte giudiziarie, costui avrebbe maneggiato (talvolta incassato, probabilmente) cifre impressionanti, centinaia di milioni. Avrà avuto dei complici. A noi qui non interessano gli aspetti investigativi, bensì quelli politici. L'arrestato capeggiava la struttura da decenni e mai nessuno (eccetto Antonio Di Pietro) si è sognato di cacciarlo. Era stimato, vezzeggiato, corteggiato e soprattutto immancabilmente confermato signore e padrone degli appalti. Solo adesso la magistratura si è accorta che non era e non è uno stinco di santo. E questo, passi.

Perché i politici che si sono succeduti al vertice del ricco dicastero non hanno fatto una piega davanti ai costi esagerati delle opere pubbliche, se confrontati con quelli europei? C'è qualcosa che non va. Ministri e sottosegretari non sono poliziotti e non tocca a loro scovare i ladri e assicurarli alla giustizia. Però c'è un però. Controllare i conti e verificare che siano equilibrati è invece compito loro. Se non lo fanno con oculatezza, le ipotesi sono tre: prima, sono cretini; seconda, sono negligenti; terza, sono in combutta con chi arraffa. E che nel settore si arraffi è scontato: altrimenti non si comprenderebbe il motivo per il quale le ditte che si pappano i lavori di maggiori dimensioni sono sempre le medesime, i cui soci proprietari - quando si dice la combinazione - danno del tu ai politici, gratificandoli, suppongo, di qualche soldino o soldone.

È impossibile non pensare male, anche se qualcuno sostiene che da noi le opere sono più care che altrove in quanto il territorio italiano è montagnoso, accidentato, pieno di asperità. Balle. Un ponte è un ponte in Toscana, in Alsazia o in Svizzera, punto e a capo.

Un'ultima

osservazione. L'asfalto stradale dalle nostre parti dura tre anni, poi si guasta e compaiono buche ogni metro; in Germania, resiste vent'anni. Forse qui si gratta anche sul bitume. E nessuno fiata. Per convenienza, evidentemente.

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