"Il Congresso non si rinvia e il partito non si scioglie". Parola di Maurizio Martina. Ci ha messo un po' il segretario del Pd a replicare al presidente Matteo Orfini e a quelli che volevano uno slittamento dell'assise principale, ma lo ha fatto. E senza tentennamenti o politichese, si va avanti con i forum, la piazza del 30 settembre e le primarie, che annuncia: "Si faranno a gennaio", quindi ben prima delle prossime elezioni europee. Appuntamento al quale i dem si presenteranno con un nuovo frontman, se lo stesso ex ministro deciderà di non scendere nell'arena. Ad oggi l'unico ad aver avanzato la propria candidatura resta sempre Nicola Zingaretti, che attende di conoscere i nomi dei suoi sfidanti. Che ci saranno, perché le grandi manovre interne al Pd ci sono, anche se si vedono poco in questa fase. Qualcuno prova a muoversi in 'chiarò, come Carlo Calenda, che via Twitter invita formalmente a cena a casa sua, martedì sera, tre 'pezzi grossì del partito: Paolo Gentiloni, Matteo Renzi e Marco Minniti "per essere operativi".
Non è un mistero che l'ideatore di Fronte repubblicano sia un sostenitore sfegatato di Gentiloni, ma dopo vari scontri con le diverse correnti ha forse capito che scendere a patti è un esercizio 'vitalè per chi vuole stare nel Pd. Ne sa qualcosa lo stesso Renzi, che ribadisce ai compagni di partito di "smetterla col fuoco amico, che troppe volte ha colpito e indebolito chi stava al governo". Sottolineando che "una volta alla settimana parte il dibattito sul futuro del Partito democratico. C'è chi lo vuole sciogliere e chi lo vuole rilanciare. Chi propone cene di chiarimento e chi vuole Congressi di discussione politica". Il suo successore a Palazzo Chigi, invece, non replica e non entra nel dibattito, ma attacca l'esecutivo: "La libertà di stampa è un fastidio per chi ci governa? Pare proprio di sì". Anche la voce della cosiddetta 'area Emilianò si leva in dissenso rispetto alle ultime uscite, soprattutto di Orfini. "Non esiste che il Partito democratico si sciolga e che a proporlo sia addirittura un gruppo dirigente scaduto, delegittimato e protagonista di questo fallimento", tuona Francesco Boccia. "Siamo tutti responsabili di questa condizione e nessuno di noi può pensare di proporre una soluzione così. Non ne abbiamo il diritto per rispetto dei nostri elettori e della nostra storia. Pensare di sciogliere il partito e fondarne un altro, avendo fatto questo disastro, è semplicemente folle. Il Pd non ha proprietari, non è una Spa", dice. Vero, non ci saranno proprietari eppure un segretario ormai è indispensabile. Perché i sondaggi svelano un nuovo calo di consensi, mentre Lega e M55 continuano a salire, in particolare il Carroccio.
Se il Pd vuole essere davvero l'alternativa al tandem giallo-verde, la 'rinascità, come la chiamano i suoi dirigenti, deve partire in fretta. E per Martina con pochi criteri, ma imprescindibili: "Ripartire dai territori e basta con questa idea che tutti possono dire tutto, parole in libertà".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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