Mattarella nega pure l'evidenza «Nessuna nuova maggioranza»

Il capo dello Stato respinge l'assalto dei grillini che ieri sono saliti al Colle per chiedere conto dei voti della pattuglia di Verdini al governo. Un'altra mossa a favore del premier

Roberto Scafuri

Roma Sarà pur assodato che il ricorso alle urne sia un lusso per democrazie ricche e stabili (dunque non ci riguarda). E pacifico, in un Paese che ospita la riunione della celebre Trilateral, che l'ossequio ai potenti della Terra arrivi fino al punto da inviare la nostra ministro Maria Elena Boschi nell'alto consesso affinché potesse contemplare quanto sancito in un rapporto del '75, cioè che «troppa domanda politica e partecipazione ostacolano il funzionamento del sistema».

Grasso che cola, naturalmente, per le orecchie grilline che ieri mattina hanno varcato il portone del Quirinale per sentirsi dire, com'è capitato ai capigruppo Michele Dell'Orco e Nunzia Catalfo, all'indomani dell'ennesimo voto di maggioranza del gruppo Ala di Denis Verdini, che «non c'è nessuna nuova maggioranza su cui intervenire». Un paradosso tra i paradossi di questo Paese guidato da un signore mai scelto dal corpo elettorale. Di cui il «corto circuito» comunicativo che ne è derivato, con resoconti grillini e «precisazioni» quirinalizie, non poteva che essere il buffo corollario. Risparmieremo volentieri ai bravissimi funzionari del Quirinale l'andirivieni aggiornato tra minoranza e maggioranza nell'ultimo anno (operazioni che andrebbero più opportunamente vagliate dalla Vigilanza di Bankitalia, forse, o dall'Anticorruzione). Così come risparmieremo di ricordare quante volte il governo insediato dallo Spirito Santo europeo, per tramite e intercessione di Sua Santità Giorgio Napolitano, si sia trovato privo di maggioranza a Palazzo Madama. Circostanza così tante volte denunciata - dal Giornale e pochi altri, politici compresi - da essere diventata una specie di verità assodata, un luogo comune. «E vabbè, Renzi non ha i voti in Parlamento, ma che ce dovemo fa? E chi ce va al suo posto?».

Poi, un bel giorno, ecco arrivare Verdini, e la raccogliticcia pattuglia di fuoriusciti da Forza Italia. Di cui egli stesso è stato uno dei fondatori. È cambiata la maggioranza? Macché, solo una falsa impressione. Poco male, diremmo: se non altro ora almeno abbiamo il sigillo quirinalizio sul fatto che i numeri siano determinanti. Senza la faciloneria dei due ospiti grillini, naturalmente, che dalle parole di Mattarella avevano tratto una deduzione logica, scrivendola sul blog di Grillo: «Verdini e i suoi sono entrati in maggioranza. Abbiamo chiesto al Capo dello Stato di fare ricorso alle sue prerogative e lui ci ha assicurato che interverrà nei casi previsti dalla Costituzione. Ovvero, quando i voti di Verdini non saranno aggiuntivi a quelli della maggioranza precostituita ma diverranno sostitutivi di un pezzo di maggioranza...».

La ricostruzione faceva però sobbalzare più di un sopracciglio sul Colle, che ricorreva a solerti precisazioni diffuse urbi et orbi manco fossero bolle papali. «L'ufficio stampa del Quirinale, per completezza di informazione, riferisce che le parole del presidente Mattarella riguardo alla maggioranza di governo sono state le seguenti: «Voi mi dite che alla maggioranza di governo si è aggiunto un gruppo che non ne faceva parte. Il mio parametro di comportamento è la Costituzione. Se ravvisassi motivi per intervenire secondo Costituzione, lo farei. Non li ho ravvisati».

Ne traiamo la netta sensazione che, oltre a dotarsi di apparecchi acustici, al Quirinale servirebbero anche nuovi binocoli. Puntarli sul Senato, di tanto in tanto, così per diletto, prima che scompaia, potrebbe essere persino occasione di divertimento. O magari di sorpresa.

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