Sì, Villa Pamphilj è bella, barocca, scenografica, un gioiello del Seicento, l'immagine perfetta del Belpaese. Il parterre è di rango, gli interventi interessanti. Ma insomma, si chiede il capo dello Stato, dove sono le ricette per l'Italia, le «nuove idee», il «progetto per il futuro»? Sergio Mattarella vuole fatti. «L'esplorazione in atto delle proposte economiche in corso in questi giorni deve approdare in risultati concreti». E vuole spazio per i giovani. Dove sono, perché li trascuriamo ancora, perché non li mettiamo al centro del dibattito? Dovremmo costruire il futuro intorno a loro, invece li teniamo in disparte. Poi non lamentiamoci se «rimangono freddi e distanti nei confronti di una politica non matura». Serve «confronto», non autoreferenzialità.
C'è un premier come il Re Sole, che tra discorsi fumosi riunisce gli Stati Generali nel Casino del Bel Respiro: gli manca solo la parrucca incipriata. E un presidente della Repubblica che si fa fotografare davanti a un maxischermo mentre dà il via alla maratona digitale, collegandosi attraverso la piattaforma Zoom con tanti ragazzi tutti insieme. Ecco, il contrasto è tutto qui, visivo, plastico, senza polemiche strillate ma di grande impatto simbolico. Mattarella, fanno sapere dal Colle, non critica nessuno, non vuole interferire su un evento del governo. Tuttavia lo scarto, la differenza di approccio, è lampante.
Conte non verrà rovesciato, almeno per ora, però non può pensare di andare avanti con continue mediazioni. È giunto infatti il momento di dare risposte e prendere decisioni. Di rispettare le promesse e assicurare l'arrivo di contributi, casse integrazioni, aiuti ai più bisognosi. «Viviamo tempi di grandi cambiamenti, dobbiamo saperli indirizzare in positivo». È questo quello che fanno le grandi nazioni. «Disegnare il futuro è per definizione il compito della politica. Progettarlo diventa ancora più delicato dopo la grave crisi provocata dalla pandemia, che ha sconvolto la quotidianità della nostra vita, mettendo in discussione abitudini scontate». Serve, sostiene il capo dello Stato, un cambio di marcia. E serve senso del bene comune.
Basta passerelle. «La condizione per uscire dalla crisi è che l'impegno sia corale, che abbia lo sguardo rivolto al domani e non a effimeri interessi personali o di parte, o a rendite di posizione». Non c'è molto tempo. «Sono questi nel nostro Paese giorni di impegno e riflessione. Nuove idee sono richieste per rispondere a sfide inattese». E c'è «un'attesa esigente, ci si interroga su come l'Italia possa imboccare in questa fase di ricostruzione strade più moderne e insieme più rispettose delle risorse naturali».
Sarebbe il momento dei giovani. «A una società provata e disorientata, per scrivere una nuova pagina occorre l'animo sgombro da pregiudizi, la curiosità, l'entusiasmo», quanto di più lontano dalle fotografie che partono da Villa Pamphilj. Bisognerebbe riavvicinare i ragazzi, e purtroppo non succede. «Le grandi trasformazioni sociali degli ultimi decenni - spiega il capo dello Stato - hanno in qualche modo affievolito i canali tradizionali di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, un divario surrogato solo in parte dalla massiccia presenza del web». Insulti via Twitter, polemiche sgangherate, esperienze misteriose e senza trasparenza come la piattaforma Rousseau: la politica su internet «non ha ancora trovato un punto adeguato di maturazione».
Da qui «la freddezza e la diffidenza dei giovani rispetto alla politica». Delusione, incomprensione.
«La sempre più rara disponibilità che si registra a un confronto circolare di idee, suggestioni e proposte, rende la comunità nazionale più fragile e più incerta la possibilità di trovare la strada per progettare il futuro nel mondo globalizzato».
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