La sinistra getta la maschera e mette i bastoni fra le ruote alla proposta di legge per revocare la più alta onorificenza dello Stato italiano al maresciallo Tito, boia delle foibe. Ieri nella Commissione Affari costituzionali della Camera era previsto il voto sul disegno di legge da presentare in Parlamento per cancellare una vergogna di Stato. Nel 1969 il presidente Giuseppe Saragat consegnò durante la visita in Jugoslavia a Tito il Gran cordone di Cavaliere di Gran croce dell'ordine al merito della Repubblica italiana.
Nonostante le tre proposte di legge di Fratelli d'Italia e Lega (Rampelli, Rizzetto e Panizzut) fossero già state discusse con tanto di interventi di esperti esterni, pro e contro la revoca, l'opposizione, primi fra tutti i membri del Pd, ha cominciato a chiedere a gran voce la parola con l'evidente obiettivo di rinviare il voto. «Una mossa chiaramente pretestuosa» conferma il relatore del provvedimento, Alessandro Urzì. La seduta precedente si era allargata e le richieste non previste di intervento hanno fatto il resto. Il voto è slittato, ma Urzì è deciso a porre la questione in «ufficio di presidenza per garantire un tempo congruo di discussione la settimana prossima». E mettere l'opposizione con le spalle al muro ovvero capire se voteranno contro, a favore o si asterranno alla richiesta di levare la più alta medaglia italiana a Tito.
Per deputati Pd come il triestino Gianni Cuperlo, ultimo segretario della Federazione giovanile comunisti e il genovese Federico Fornaro, ex Psdi, è la linea del Piave.
Anche i Verdi di sinistra ed i grillini spalleggiano la resistenza in difesa dell'onorificenza a Tito, che ancora campeggia sul sito del Quirinale vent'anni dopo il Giorno del ricordo delle foibe e dell'esodo. Un'assurdità che solo il Pd, rispolverando l'antica doppiezza comunista, può difendere facendo melina ostruzionistica.
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