Salvate il soldato Carlo e, già che ci siamo, pure il generale Giorgia. Serve un comunicato, lungo, deciso, immediato, di Palazzo Chigi, per difendere il guardasigilli, attaccato anche da parte della maggioranza, e per mettere a riparo anche il governo. E serve subito, perché sulle intercettazioni la situazione si sta incartando. Non c'è tempo da perdere. La nota infatti viene diffusa quando la Meloni è in volo per l'Algeria, e pazienza se gli accordi sul gas verranno oscurati dalla questione giustizia: il primo obbiettivo della premier è stroncare i dissensi, disinnescando sul nascere una potenziale mina sotto il tavolo rotondo dell'esecutivo. Già sarà difficile trattare con la magistratura. Se poi la coalizione si mostra divisa, tutto si complica.
E dunque Nordio non si dimette, non viene cacciato e nemmeno commissariato, anzi è un ministro «fortemente voluto» dal presidente del Consiglio e gode della sua «piena fiducia». I contatti «sono quotidiani», la battaglia contro la fuga dei verbali condivisa. Di più. La premier e il guardasigilli «si incontreranno in settimana per definire il cronoprogramma delle iniziative necessarie a migliorare lo stato della giustizia italiana». Nessun passo indietro sulla riforma: «Il governo è determinato a portare avanti e ad attuare il programma di coalizione votato dai cittadini per una giustizia giusta, veloce e vicina alla gente e alle imprese».
Prima le accise sui carburanti, poi le nomine, ora le intercettazioni. Per Giorgia sono giornate dure, la maggioranza oscilla, emerge qualche ruggine con la Lega. Lei smentisce: niente liti, nessuna spaccatura. «Dopo le notizie infondate circa le presunte divisioni tra il presidente del Consiglio e il ministro Piantedosi - si legge - oggi è la volta del ministro Nordio. Spiace deludere, ma il clima nel Cdm e ottimo e tutti i ministri lavorano in piena sintonia con Palazzo Chigi». Blindare Nordio per blindare il governo, l'idea è questa.
Del resto nell'ultima settimana la tensione sul tema giustizia ha superato il livello di guardia, soprattutto dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, ricercato da trent'anni e arrestato anche grazie all'uso delle tecnologie informatiche dell'ascolto. Poi giovedì altra scossa con il discorso del guardasigilli alla Camera, le proteste dell'opposizione e i diversi approcci dei tre partiti del centrodestra. Forza Italia spinge, la Lega resiste e mette confini, FdI prova a mediare, delimitando la portata della riforma: lo scopo è quello di riuscire a mettere un freno al gossip e alla circolazione dei verbali penalmente non rilevanti, senza sabotare il lavoro delle toghe. Da segnalare l'entusiasmo del Terzo Polo che ha visto aprirsi un varco, e le critiche non troppo velate a Nordio da parte di Matteo Salvini: «La politica deve evitare lo scontro con la magistratura e viceversa, i pm non intercettano mica a casaccio. La riforma della giustizia deve essere fatta anche con i magistrati e contro nessuno».
In questo panorama in cui tutti vanno per conto loro e il governo comincia a rischiare, la Meloni prova a serrare i ranghi. Sabato Nordio ha negato di essere sul punto di dimettersi. FdI fa quadrato. «È un ministro di altissimo valore - spiega Carolina Varchi, capogruppo in commissione Giustizia a Montecitorio - eletto tra le nostre fila per realizzare il programma e risolvere uno dei mali atavici italiani. Chi pensa di creare zizzania si sbaglia di grosso». Nemmeno Licia Ronzulli, presidente dei senatori di Fi, vede spaccature insanabili. «Esistono sensibilità differenti, però l'obbiettivo comune è una riforma efficace che metta i cittadini al centro. L'uso delle intercettazioni per reati di mafia e terrorismo non è mai stato messo in dubbio.
Nordio ha tutto il nostro supporto». E pure quello del Terzo Polo. «Le intercettazioni servono - dice Maria Elena Boschi - purtroppo parte della politica le usa per attaccare l'avversario. Ecco, noi vogliamo limitare l'abuso».
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