Spinge sulle questioni di politica interna, si muove con più prudenza sui dossier di politica estera. Nei ventotto minuti di forum con il Corriere Tv, Giorgia Meloni gestisce con accortezza il pedale dell'acceleratore, soprattutto su quei temi che il 10 giugno - a urne aperte e con sul tavolo i numeri per far entrare nel vivo le trattative per i nuovi vertici delle istituzioni europee - diventeranno spinosi come non mai. Dalla nomina del successore di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue, fino alla guerra tra Russia e Ucraina, che solo in Italia è tema assente dal dibattito pubblico nonostante a Bruxelles sia le istituzioni comunitarie che la Nato siano allarmate per una imminente escalation.
Così, intervistata dalla vicedirettrice del Corriere della Sera, Fiorenza Sarzanini, la premier rivendica con forza la riforma della giustizia approvata ieri in Consiglio dei ministri, difende il premierato su cui maggioranza e opposizione si stanno azzuffando in un Senato quasi sudamericano («non abbiamo toccato i poteri del Colle, l'opposizione è contraria perché non vuole far scegliere i cittadini») e torna sul redditometro spiegando che «esiste da decenni». Poi affonda il colpo sul governatore della Campania Vincenzo De Luca («un bullo che insulta le donne»), critica la segretaria del Pd Elly Schlein («tiri fuori il coraggio che la gente si attende da lei») e ironizza sul leader del M5s Giuseppe Conte («ciao Giuseppe», con tanto di gesto della mano).
Sui temi europei, invece, rivendica sì il suo approccio a «un Europa che segua un modello basato sulla sussidiarietà». Ma si muove con prudenza sul conflitto tra Kiev e Mosca, tema politicamente decisivo ma in Italia molto divisivo. La sua linea è sempre stata pro-Ucraina e filo-atlantica, ma sul punto Meloni spiega che è «meglio rafforzare la difesa di Kiev che colpire in Russia». La premier ricorda che «oggi c'è una recrudescenza da parte di Mosca» e che il dibattito è sull'opportunità di «colpire le zone» russe «da dove vengono gli attacchi». «Credo non sia necessario, è meglio rafforzare la capacità di dotare l'Ucraina di sistemi efficaci di difesa anti-area, senza rischiare un'escalation fuori controllo», dice Meloni.
Che pure sui prossimi equilibri a Bruxelles si muove con cautela. Che il presidente della Commissione Ue debba passare per un voto che coinvolge almeno i socialisti di S&D (quindi Olaf Scholz) e quasi certamente i liberali di Renew (Emmanuel Macron) lo dicono tutti i sondaggi. Oltre al fatto che Germania e Francia sono ampiamente il primo e secondo Paese per abitanti dell'Unione (serve un'intesa che coinvolga il 65% della popolazione). Meloni si concentra sul fatto che «da presidente di Ecr» lavora a «costruire maggioranze alternative», riferendosi evidentemente ai prossimi equilibri del Parlamento Ue che sono destinati a spostarsi a destra (ma a Strasburgo le maggioranze sono «variabili» a prescindere dal presidente della Commissione). Sul suo rapporto con von der Leyen dice che non si possono fare ragionamenti da tifosi («non faccio la cheerleader») e che sul alcune questioni (immigrazione e Green) era «un dovere coinvolgere Ursula». Poi guarda a Marine Le Pen («su alcuni dossier siamo sullo stesso fronte») e non chiude a Viktor Orbán («io dialogo con tutti»).
Si torna in Italia. Va bene il 26% alle Europee? «Sto». E affonda su De Luca: «C'è anche una questione femminile.
Quando mi insulta lancia il messaggio che le donne si possono insultare perché deboli. A essere deboli sono i bulli, perché come si è visto sono bravi a fare i gradassi dietro le spalle ma quando li affronti non lo fanno più». E quando De Luca «mi attaccò» Schlein «non ebbe il coraggio di difendermi».
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