Nell'ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva Giorgia Meloni sceglie l'approccio low profile. Qualcuno dava per scontato che la premier avrebbe approfittato dell'occasione per un appello ai presenti in vista della ripresa dei lavori prevista per l'ultima settimana di agosto, invece Meloni avrebbe parlato poco o niente. Come pure, al netto degli inevitabili confronti a margine della riunione di governo, non ci sarebbe stato un vero e proprio incontro faccia a faccia tra la presidente del Consiglio e i suoi due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, per fare il punto sui dossier più delicati (e divisivi) in agenda da settembre: dalla legge finanziaria alla governance Rai.
Insomma, un Consiglio dei ministri in sordina. Con sul tavolo un decreto omnibus sul quale la maggioranza aveva istanze diverse e che contiene, tra l'altro, una serie di interventi che vanno dalla Zes unica del Mezzogiorno ai fondi per la ricerca, passando per misure fiscali per Scampia e gli aiuti di Stato per il turismo sugli Appennini connesso allo sci (sulla cui urgenza, visto che siamo ad agosto, in Consiglio dei ministri qualcuno avrebbe ironizzato con Giancarlo Giorgetti). Sul decreto è intervenuto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, con l'auspicio che il provvedimento non diventi oggetto di un assalto alla diligenza durante il passaggio parlamentare. La premier, infatti, avrebbe ridotto al minimo le sollecitazioni arrivate dai partiti di maggioranza e il timore è che possano tornare alla carica in fase di conversione in Parlamento. E nel giorno in cui il Parlamento chiude i battenti dopo un vero e proprio sprint per approvare una decina di decreti (ieri il ministro Luca Ciriani ha ringraziato i presidenti delle Camere e i parlamentari per «l'impegno» e «il grande lavoro»), il messaggio che vuole veicolare Meloni è proprio quello della moderazione: auguri a tutti, ma evitiamo di rivederci a settembre con un fiume di emendamenti di maggioranza al decreto omnibus. Anche perché dopo l'estate i problemi saranno ben altri e non privi di tensioni.
Nel corso della giornata Meloni tiene diversi incontri, compreso il comitato per la sicurezza della Repubblica. La Rai resta un dossier su cui è difficile mettere d'accordo tutti, ma pure la questione balneari è complessa. Che sia arrivato il momento di trovare una soluzione a Palazzo Chigi ce l'hanno ben chiaro. Anche perché il tempo stringe e - come sostiene da mesi il ministro Raffaele Fitto - i margini di manovra sono quasi ridotti allo zero. Nel quadro della procedura d'infrazione, infatti, se non avrà risposte a breve sull'applicazione della direttiva Bolkestein, la Commissione europea è pronta a far ricorso alla Corte di giustizia Ue. Circostanza che Fitto ieri ha nuovamente ribadito nelle sue interlocuzioni con la premier e i due vicepremier, riuscendo a spuntare un via libera di massima a un riordino delle concessioni demaniali in uno dei prossimi Consigli dei ministri. Soluzione in verità fortemente osteggiata non solo da un pezzo importante di Forza Italia ma anche da alcuni esponenti di punta di Fratelli d'Italia.
Il ministro per gli Affari europei e il Pnrr ieri ha poi ottenuto un incremento da 1,6 a 3,2 miliardi di euro delle risorse per il credito d'imposta nella Zes. Un provvedimento che Meloni rivendica con forza. Da questa mattina, aggiunge la premier, «prende corpo il nuovo RePowerEU che destina oltre 11 miliardi di euro del Pnrr per supportare le imprese nel potenziamento delle reti per l'energia e nella produzione di fonti rinnovabili, con l'obiettivo di trasformare il sud Italia in un hub energetico del Mediterraneo». Insomma, «il Sud può finalmente guardare a un futuro migliore».
Tra i dossier sul tavolo, infine, resta la nomina del commissario italiano.
Il nome in campo rimane sempre quello di Fitto, tanto che nonostante Ursula von der Leyen abbia chiesto a tutti i Paesi una coppia uomo-donna, Meloni dovrebbe limitarsi a confermare la sua indicazione per il ministro per gli Affari europei. Con un passaggio - formale e non sostanziale, perché l'intesa con Tajani e Salvini già c'è - nel Consiglio dei ministri del 28 o 29 agosto.
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