![La memoria di Conte dura solo un giorno](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2024/11/27/1732686414-aznpol-zprnebn5uekyq-lapresse.jpeg?_=1732686414)
Giuseppe Conte azzanna Giorgia Meloni: «Bullismo istituzionale, il video con cui da notizia dell'inchiesta su di lei. Io mai fatta una cosa simile». Straordinario. Conte a me, personalmente, sta simpatico. Quando se ne esce così poi, lo trovo addirittura irresistibile. Politicamente però, è un po' provinciale: crede che un bel vestito sartoriale corredato di copiosa pochette possa salvare un contenuto discutibile e assai più rude. E che gli italiani abbiano memoria talmente corta da dimenticare tonnellate di fatti e dichiarazioni che lo contraddicono quasi comicamente. Vuole contendersi la palma di oppositore più aggressivo al Governo con Matteo Renzi, che dopo averlo licenziato tre anni fa da premier tenta incredibilmente di allearvisi nuovamente. Ma qui c'è da capire se si tratti di amnesia, dissociazione o teatrino di second'ordine. Sarà mica lo stesso Giuseppe Conte che, a proposito di grande garbo istituzionale, guida un partito nato sullo slogan elegante che gridava: «Vaffanculo, siete tutti ladri»? O che nel 2018 arringava le folle dai palchi post-elettorali invocando l'impeachment per il Presidente Mattarella, senza che a Conte uscisse un sibilo di elegante dissociazione da tanta eleganza?
Io credo non sia lui. Perché non può ricascare nell'errore già fatto di un ex premier che governa con due maggioranze opposte, che a Meloni rimprovera una «cultura arrogante e autoritaria» e poco tempo fa di «lavorare col favore delle tenebre», ma che durante le stesse, dopo aver chiuso malissimo la Lombardia, chiuse per Covid tutta Italia con un tratto di penna in un Dpcm, senza nemmeno uno straccio di anche solo minimo e formale dibattito parlamentare.
Lo stesso che proseguì a imporre chiusure mai preventivamente discusse col Parlamento per un anno, lasciandoci meno libertà dei cani che almeno potevano uscire a fare la pipì E a proposito di video, che egli contesta a Meloni di usare per evitare il contraddittorio, sarà mica lo stesso Conte che con la nazione sequestrata si faceva attendere per decine di minuti prima di sostenere dirette Facebook (addirittura linkate con il Tg1) senza la minima domanda ostile?
Né può essere lo stesso che frequentava col piffero gli studi televisivi per rispondere alle obiezioni sempre più frequenti sulla sua gestione Covid, che relegò le partite Iva chiuse in casa e ristorate meno di un percettore indebito di reddito di cittadinanza.
Non può essere lui, lo stesso che oggi si scandalizza per l'uso di un aereo di stato che porti lontano dall'Italia un ceffo libico torturatore ma che, pur guidando un movimento nato contro le auto blu, da ex premier si faceva portare a giocare a tennis dalla scorta. Bisogna capire. Perché se si tratta della stessa persona, Conte alla Meloni non può dire nulla. Né sul tratto istituzionale, né sulla modalità comunicativa.
Ci manca solo che la critichi sulla gestione allegra dei soldi pubblici, avendo egli provocato una voragine di centinaia di miliardi di euro di debito tra reddito di cittadinanza che prendeva persino l'ambulante bengalese di piazza del Popolo a Roma, e il superbonus, che si scrive così ma si legge: «Facciamo pagare a tutti gli italiani, ceto medio e povero in primis, la ristrutturazione del 4% di case dei più ricchi».
Se invece, come io credo, si tratta di persona diversa, allora vuol dire solo che sulla scena di una politica e di un dibattito pubblico già abbastanza immaturo, dove oggi si fa una cosa e domani
si dice il suo opposto, si è aggiunto l'ennesimo tizio un po' puerile che crede che replicare schemi già falliti da altri possa nuovamente indignare gli italiani a suo favore. E allora, niente panico ragazzi. Solo merenda.
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