Merkel e Macron decidono tutto e il recovery fund diventa inutile

Torna l'asse Berlino-Parigi. Italia tagliata fuori. Il fondo sarà di soli 500 miliardi. E sembrano prestiti da restituire

Merkel e Macron decidono tutto e il recovery fund diventa inutile

Non più di 500 miliardi di euro. Da rimborsare. Germania e Francia riprendono il pallone in mano e lo riportano nel proprio cortile. Gli altri, a cominciare dall'Italia, neppure convocati per una sgambata. Angela Merkel ed Emmanuel Macron tornano a dettare la linea, e sull'asse Berlino-Parigi si delineano le fattezze del futuro Recovery Fund. Ben diverse, per entità e condizioni, rispetto a quelle richieste la scorsa settimana, a larga maggioranza, dall'Europarlamento. Bruxelles chiedeva una dotazione di 2mila miliardi da spalmare soprattutto sul versante dei grants, cioè i quattrini a fondo perduto, lasciando una fetta più piccola ai loans (i prestiti). È uno scatto in avanti che mette una seria ipoteca sull'Ecofin di oggi, chiamato a smussare anche le divergenze attorno agli aiuti della Bei (in particolare la questione spinosa delle garanzie fornite dai singoli Stati membri). Fonti vicine a Palazzo Chigi parlano tuttavia di «trasferimenti» invece che di prestiti e di «un buon punto di partenza» da cui si può iniziare per rendere questa somma «ancora più consistente».

Il patto ricompone - se mai c'è stata davvero - la frattura fra l'Eliseo e il Reichstag dopo il j'accuse dello scorso 23 aprile, quando il presidente francese aveva puntato l'indice contro quei Paesi che usano l'Unione per esportare e avere manodopera a basso costo. Ieri, invece, già nel primo pomeriggio risultava convocata una videoconferenza stampa congiunta, segno inequivocabile di un'intesa trovata sul punto, dopo l'approvazione del contestato Mes, più divisivo. L'Europa deve rimanere unita: a questo scopo - ha annunciato la Cancelliera - proponiamo di mettere insieme un fondo temporaneo di 500 miliardi da mettere a disposizione delle spese necessarie per sostenere l'economia colpita dal coronavirus. Macron, dopo aver indicato come sia necessario erogare finanziamenti ai settori e alle regioni più colpite, fra cui il turismo italiano, ha subito toccato un punto dolente: le risorse dovranno essere rimborsate, non dai destinatari dei prestiti, ma dagli Stati membri. La Merkel ha fatto riferimento al bilancio Ue come fonte da cui attingere le risorse.

Insomma, linee-guida già ben delineate sugli aspetti più controversi e rimarcate da Macron nel rivendicare la primazia franco-tedesca rispetto agli altri 25 dell'Unione. Non è un accordo dei 27 Paesi dell'Unione europea, è un accordo franco-tedesco - ha detto - . Ma non c'è accordo fra i 27 se prima non c'è un accordo franco-tedesco. L'immediato apprezzamento per la proposta costruttiva espresso dalla tedesca Ursula van der Leyn, lascia intuire che il piano della Commissione Ue sul Recovery Fund, pronto il prossimo 27 maggio, non scantonerà di molto dalle indicazioni di Berlino e Parigi. La stessa van der Leyn sembra intenzionata a ripartire le risorse anche in base alle riforme ritenute necessarie in ogni Paese e che già potrebbero essere contenute nelle raccomandazioni specifiche, le cosiddette Csr (Country specific recommendations), che arriveranno domani.

A parte l'impalcatura del Recovery Fund, destinata a sollevare polemiche non fosse altro per la solita conventio ad escludendum di matrice franco-teutonica, la Merkel e Macron hanno anche dettagliato il tipo di Europa che hanno in mente. Un continente in grado di affrancarsi, sotto il profilo tecnologico e di attenzione ai temi ambientali e della biodiversità, da Usa e Cina. Il Covid-19 ha colto l'Unione di sorpresa: carenza di mascherine, apparecchiature per rianimazione e ventilazione insufficienti, carenza di personale ospedaliero. Non dovrà più succedere.

Serve un nuovo modello, in grado di andare oltre l'emergenza pandemica e di ridurre - ha spiegato il presidente francese - la nostra dipendenza dall'esterno in settori strategici, come la produzione di medicinali, migliorare la protezione delle aziende, combattere gli investimenti predatori e trasferire gli investimenti chiave in Europa. Un'altra picconata alla globalizzazione.

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