Israele attacca l'Iran nell'attesa rappresaglia per l'attacco del 1 ottobre, e dagli Usa arriva un immediato avvertimento agli ayatollah a non rispondere, poiché si tratta di un atto di «autodifesa». «I raid mirati su obiettivi militari sono una risposta all'attacco con missili balistici dell'Iran contro Israele», fa sapere il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, Sean Savett, precisando che gli Stati Uniti non stanno partecipando alle operazioni dell'Idf contro la Repubblica islamica. Allo stesso tempo Savett esorta Teheran a «cessare i suoi attacchi in modo che questo ciclo di combattimenti possa concludersi senza una ulteriore escalation».
Il presidente Joe Biden e la vicepresidente Kamala Harris sono stati informati e hanno seguito gli sviluppi, e un funzionario Usa ha spiegato al New York Times che l'amministrazione è stata avvertita «in anticipo» della ritorsione: Casa Bianca e Pentagono «si sono consultati con Israele negli ultimi giorni sulla portata e sul tipo di obiettivi da colpire», ma «non c'è stato alcun coinvolgimento degli Usa». Biden, da parte sua, ha detto di augurarsi che il raid sia la «fine» del ciclo di attacchi, e ha ribadito che ad una prima valutazione sembra che l'alleato abbia colpito obiettivi militari (in particolare i siti di produzione utilizzati per produrre missili che l'Iran ha lanciato contro Israele nell'ultimo anno, come ha riferito l'Idf).
Il Nyt ritiene che l'attacco dell'esercito di Benjamin Nethanyahu segni una nuova fase nel conflitto, ma sembra in grado di aver evitato una guerra totale, pur se la prospettiva continua ad aleggiare. Secondo gli analisti anche se si tratta di un momento significativo, «non ha immediatamente provocato un minaccia di ritorsione da parte di Teheran, allentando i timori di un conflitto incontrollabile».
Gli attacchi della scorsa notte «dovrebbero essere la fine di questo scambio di fuoco diretto tra Israele e Iran», ha affermato un alto funzionario dell'amministrazione statunitense, ma per gli analisti una de-escalation duratura non è una conclusione scontata. «Gli attacchi della guerra ombra sono entrati a pieno titolo in un conflitto aperto, anche se per ora di tratta di un conflitto gestito», ha commentato Ellie Geranmayeh, esperta sull'Iran dell'European Council of Foreign Relations: «Teheran può accettare questi attacchi contro le strutture militari senza reagire, in modo tale da invitare ulteriori azioni» di Tel Aviv. Mentre Michael Singh, ex direttore per il Medio Oriente del Consiglio della sicurezza nazionale americana, ha scritto su X che i canali Telegram filo-iraniani e i media statali di Teheran hanno sminuito l'attacco di Israele sostenendo i sistemi di difesa della Repubblica islamica sono riusciti a bloccarlo.
Pur avvertendo di prendere queste dichiarazioni con la dovuta cautela, ha precisato che se i funzionari iraniani minimizzano il successo degli raid «potrebbe essere il segnale che stanno cercando una scusa per evitare ulteriori ritorsioni».
Anche per Behnam Ben Taleblu, ricercatore della Foundation for Defense for Democracies di Washington, la risposta di Teheran potrebbe essere «una mossa strategica per salvare la faccia e mantenere i vincoli degli Stati Uniti su Israele».
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