I disordini e le violenze allo sportello non ci sono stati, a parte qualche caso isolato. Ma il caos sì, più di quanto potessimo aspettarci, spiega uno dei tanti punti di osservazione messi in campo dalle associazioni di impresa per monitorare l'avvio dei prestiti garantiti fino a 25 mila euro a beneficio di privati e piccole imprese colpiti dal virus e dal lockdown.
I sindacati dei bancari che avevano lanciato l'allarme e avevano addirittura chiesto l'intervento del ministro dell'Interno per evitare aggressioni, ieri hanno registrato una «ondata» agli sportelli che ha rallentato le operazioni. Molti, spiega la Fabi, principale sigla dei dipendenti delle banche guidata da Lando Sileoni, sono andati in filiale senza avere preso un appuntamento, come ormai d'obbligo.
Ci sono stati «frequenti momenti di tensione» tra clienti e bancari allo sportello. Nessuna violenza, ma minacce, come a Catania e Alghero, dove sono stati trovati rispettivamente un finto ordigno e materiale infiammabile.
È la rabbia degli esclusi, che sono più del previsto. Da giorni il servizio attivato da Confesercenti di sostegno alle imprese che cercano di accedere alle misure del governo è sommerso da email disperate. Più che le procedure, il problema sono le esclusioni. Sono tantissimi quelli che avevano qualche piccola pendenza e non si sono nemmeno presentati in banca.
«Mi hanno detto che tutte le Pmi aventi esposizioni deteriorate al mese di febbraio 2020 non possono nemmeno attingere al primo step di finanziamento e cioè alla pratica veloce e senza merito creditizio dei 25.000», racconta un imprenditore. «Non meritiamo di essere tagliati fuori perché fino a febbraio non abbiamo saputo fare i compiti a casa». Poi ci sono quelli respinti già al primo contatto telefonico solo perché non correntisti della banca.
Situazione a macchia di leopardo insomma. L'accoglienza cambia da banca a banca, ma anche tra filiali dello stesso gruppo. Problema talmente presente all'Abi che, dopo giorni di pressing sugli istituti di credito, ieri, a operazioni in corso, ha diramato una lettera alle associate a firma del presidente Antonio Patuelli. Nella missiva si chiede «con urgenza» alle banche associate di fare sapere se hanno attivato gli adempimenti attivati dal dl credito sul finanziamento delle Pmi tramite il Fondo di garanzia» e, soprattutto, se sono state «fornite linee guida alle filiali, date indicazioni con riguardo all'accoglimento delle domande, definite modalità di comunicazione dell'operatività (sito internet, contatto diretto con i potenziali clienti, ecc.), individuate le date per la piena operatività della misura, quantificate le domande finora pervenute».
Il timore delle imprese e che alla fine dei conti le aziende e lavoratori autonomi che avranno realmente accesso ai prestiti siano pochissimi.
Per questo negli ultimi giorni tra le misure che potrebbero essere inserite nel decreto di aprile sta prendendo piede un contributo a fondo perduto a beneficio delle imprese in difficoltà. Una sorta di «reddito di emergenza» per le aziende che non riescono nemmeno a indebitarsi.
Il decreto di aprile è importante anche per il credito alle imprese. Perché il decreto di liquidità approvato all'inizio del mese non copre il prestito con una leva che il governo prevede fino a 400 miliardi di euro. Costerà 30 miliardi. Un decreto tutto in deficit, che è stato già rinviato almeno tre volte.
In programma la vigilia di Pasqua, è stato spostato a dopo le feste e infine annunciato per la fine del mese. Forse alla fine di questa settimana. Il decreto di aprile, visti i tempi e le indecisioni del governo, finirà in Gazzetta ufficiale a maggio.
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