Roma - «Lo sa perché il Prosecco va così di moda?».
Pensavamo di essere noi a fare un'intervista a Giancarlo Aneri, produttore veneto di vino, ma ci sbagliavamo.
Beh, le ragioni sono tante...
«Ma la principale è che è un vino che piace alle donne. È profumato, basso di gradazione, ha un fondo di dolcezza e non ubriaca».
Prosecco uguale feste. Consigli?
«Certo. Innanzitutto mai le bollicine secche con il dolce».
Errore duro a morire.
«Il momento ideale per il Prosecco Brut è l'inizio pasto. Non ti cambia il gusto di ciò che mangi. E con un pasto delicato puoi anche proseguire. Vuol sapere come mi regolo io a Natale?»
Certo.
«Antipasto col Prosecco, primo col Pinot Bianco, secondo con un Pinot Nero. Entrambi dell'Alto Adige. Li faccio io. Poi del Parmigiano con l'Amarone e il dolce senza alcun vino. Dopo l'Amarone, capisce...»
Capisco. È l'Amarone che hanno assaggiato i grandi del mondo?
«Quello. Berlusconi lo donò ai leader del G8. L'altra sera al Four Seasons di New York Bush padre e figlio, Clinton, Colin Powell hanno concluso la cena con fragoline e Amarone. Il mio».
Torniamo al Prosecco. Temperatura di servizio?
«Dagli 8 ai 10 gradi. Il prosecco ha la fortuna di profumi eccezionali, se servito troppo freddo te li perdi».
Lei quanti Prosecco produce?
«Tre in altrettante aziende, a Susegana, a Conegliano e a Valdobbiadene».
Differenze?
«Conegliano ha più corpo, Valdobbiadene più profumo».
Lei quale preferisce?
«Nessuno. I vini portano i nomi delle mie nipoti (Lucrezia, Giorgia e Ludovica). Non posso fare preferenze...»
Lei fa i vini solo per i vip?
«No. Certo, siamo alla cena della Juventus, Ciampi e Napolitano brindarono all'elezione a presidente col mio Prosecco, ma il 90 per cento del Lucrezia è venduto alla Esselunga...»
Il boom del Prosecco
durerà?«Il Prosecco è come il Lambrusco trent'anni fa. Tutti si sono messi a farlo, è diventato la Coca-Cola del vino. Il Prosecco ora è uno status symbol, non roviniamolo. Non deve tornare a essere il prosecchino».
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