Unione europea «apre» al nuovo governo di origine jihadista a Damasco con la visita di due ministri degli Esteri di peso, la tedesca Annalena Baerbock ed il francese Jean-Noël Barrot (nella foto). Il talebuono, per ora, Ahmad al-Sharaa (vero nome di colui che fino qualche tempo fa era noto come Abu Mohammed al-Jolani), in giacca e cravatta, li ha accolti con tanto di tappeto rosso nell'ex palazzo presidenziale di Assad. Non ha battuto ciglio davanti alla responsabile della diplomazia tedesca, senza velo, ma ha stretto la mano solo al francese. E avvicinato il palmo della mano al petto come segno di saluto islamico alla donna, che ha fatto finta di niente con disinvoltura.
Le nuove autorità siriane hanno chiesto la revoca delle sanzioni, che non avrebbero più senso, essendo state imposte al regime di Assad, ma gli europei vogliono assicurazioni ad ampio spettro. «L'Europa fornirà sostegno, ma non finanzierà nuove strutture islamiche», ha messo le mani avanti Baerbock. Il riferimento è ai timori di «islamizzazione» nel campo giudiziario e dell'istruzione. E ha insistito sulla necessità di «instaurare un dialogo politico che coinvolga tutti i gruppi etnici e religiosi, tutti i cittadini, vale a dire in particolare anche le donne di questo Paese». Nel governo di transizione c'è una sola donna, che sembra nominata apposta come facciata. Il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot ha chiesto la distruzione degli arsenali di armi chimiche accumulati da decenni. «Una Siria sovrana e sicura non lascia spazio alla proliferazione e alla dispersione delle armi di distruzione di massa e delle armi chimiche del regime criminale di Bashar al-Assad» ha sottolineato Barrot. Il rappresentante della Francia ha pure invitato i conquistatori di Damasco a trovare una «soluzione politica con i nostri alleati curdi». I rappresentanti Ue hanno discusso del ritorno dei profughi. Le porte sono aperte, ma in cambio il governo di Al-Sharaa chiede la fine delle sanzioni, che hanno piegato il paese. Solo in Germania vivono 975.000 siriani, gran parte accolti con l'ondata del 2015. Prima dell'incontro con il leader ex jihadista o presunto tale, i due ministri europei hanno visitato la prigione di Sednaya alle porte della capitale siriana utilizzato come mattatoio dal regime di Assad. L'Alta rappresentante per la politica estera dell'Ue, Kaja Kallas, ha «benedetto» la visita, confermando che è a nome dell'Unione. Francia e Germania non avevano mai riaperto le ambasciate a Damasco dopo l'inizio del conflitto, a differenza dell'Italia.
Il giorno prima dell'arrivo della Ue, il nuovo ministro degli Esteri, Asaad al Shaibani, ha scelto come prima visita storica l'Arabia Saudita. Si è recato a Riad con il nuovo responsabile della Difesa, Murhaf Abu Qasra e il capo dell'intelligence, Anas Jatab. I sauditi hanno fatto riammettere Assad nella Lega araba, ma, come il Qatar, avevano ampiamente finanziato e armato i ribelli siriani. Non a caso Qatar Airways ha annunciato che dal 7 gennaio riprenderanno i collegamenti aerei con Damasco.
Il vero «padrino» internazionale, però, è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha organizzato, dietro le quinte, la caduta del regime siriano. L'esercito di Ankara, il secondo della Nato, rimetterà in piedi le forze armate, che si sono sciolte come neve la sole.
Il ministero della Difesa turco ha confermato che «è stato avviato un dialogo con gli organi statali siriani e le rappresentanze militari al fine di stabilire un piano di collaborazione che permetta di far fronte alle necessità immediate». Nella sacca di Idlib, da dove sono partiti i ribelli arrivati a Damasco, c'erano già grandi basi dove sventola la bandiera rossa con la stella e la mezzaluna.
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