La mobilitazione è tragicomica. Migliaia di russi arruolati a casaccio e rimandati a casa

La mobilitazione più pazza del mondo. Giorno dopo giorno la chiamata alle armi decisa da Mosca per rimpolpare l'esercito impegnato a combattere (e a farsi uccidere) nella cosiddetta "operazione speciale" in Ucraina mostra i suoi limiti

La mobilitazione è tragicomica. Migliaia di russi arruolati a casaccio e rimandati a casa

La mobilitazione più pazza del mondo. Giorno dopo giorno la chiamata alle armi decisa da Mosca per rimpolpare l'esercito impegnato a combattere (e a farsi uccidere) nella cosiddetta «operazione speciale» in Ucraina mostra i suoi limiti: errori, fughe, diserzioni, proteste. Perfino il presidente Vladimir Putin ha riconosciuto che ci sono stati molti sbagli. Un'ammissione «insolitamente rapida» che secondo l'intelligence britannica - che analizza l'andamento della guerra in un report quotidiano sempre assai informato e acuto - evidenzia la portata delle «disfunzioni» della leva. Insomma, se perfino lo Zar non riesce a negare i pasticci, vuol dire che la cosa è più grave di quanto appaia. I funzionari locali, si legge nel documento rilasciato ieri dal ministero della Difesa di Londra, probabilmente non hanno chiara l'esatta portata e la motivazione legale della campagna: essi hanno quasi certamente arruolato persone non idonee e faranno fatica a formare le nuove reclute.

Ovunque in Russia e nei territori filorussi recentemente annessi con un atto unilaterale e non riconosciuto dalla comunità internazionale le autorità sembrano procedere a casaccio, mobilitando chi capita. «Gli uomini - racconta Ivan Fedorov, sindaco di Melitopol, città sotto occupazione russa - hanno appena iniziato a essere presi per le strade. Abbiamo avuto un gran numero di casi durante il fine settimana in cui i russi si avvicinano semplicemente a uomini di età diverse, con diversa forma fisica e chiedono loro di andare all'ufficio del comandante per essere registrati».

Naturalmente poca o nessuna selezione significa mandare al fronte personale addestrato in maniera frettolosa e spesso non idoneo fisicamente e moralmente. Clamoroso il caso della regione di Khabarovsk, nell'estremo oriente russo, dove «circa metà» delle persone richiamate alle armi per la mobilitazione sono state rimandate a casa perché convocate per errore. «In dieci giorni, diverse migliaia di nostri ragazzi hanno ricevuto i documenti di convocazione e si sono presentati agli uffici di leva. Ne abbiamo rimandato circa la metà a casa, poiché non rispondevano ai requisiti per il servizio», racconta irritato il governatore regionale Mikhail Degtyarev, parlando di «eccesso di zelo». Il guazzabuglio è costato il posto al commissario militare regionale, Yury Sergeevich Layko, sollevato dall'incarico. Stessa cosa nella regione della Jacuzia, nella Siberia Orientale, dove, come fa sapere il capo della Camera civica regionale Nikolay Bugayev, circa 300 persone sono tornate a casa dopo essere state convocate «per sbaglio» nell'ambito della mobilitazione putiniana.

Chi se ne frega palesemente degli equivoci è il leader ceceno Ramzan Kadyrov. Ieri su Telegram il braccio armato di Vladimir Putin nella bellicosa repubblica caucasica, ha tenuto a far sapere che i suoi tre figli sono pronti a combattere in Ucraina, malgrado siano tutti e tre minorenni. «La minore età - spiega il leader ceceno - non dovrebbe interferire con l'addestramento dei difensori della nostra madrepatria. Akhmat, Eli e Adam hanno rispettivamente 16, 15 e 14 anni. Ma il loro addestramento militare è iniziato molto tempo fa, quasi in tenera età. E non sto scherzando. È arrivato il momento di mettersi in mostra in una vera battaglia e io non posso che accogliere con favore il loro desiderio. Presto andranno in prima linea e si troveranno nei tratti più difficili della linea di contatto». Contenti loro.

Più saggia appare la scelta della giornalista russa Maria Ovisannikova. Condannata agli arresti domiciliari con l'accusa di avere diffuso false notizie contro le forze armate, secondo quanto riferito dal marito avrebbe lasciato la federazione lo scorso 1° ottobre portando con sé la figlia di 11 anni e Mosca ha inserito il suo nome nella lista dei ricercati.

La Ovisannikova era diventata famosa quando lo scorso marzo era apparsa alle spalle di una conduttrice del telegiornale mostrando il cartello «Stop alla guerra, non credete alla propaganda». Multata, non si era scoraggiata e ad agosto era tornata a mostrare un cartello pacifista vicino al Cremlino finendo agli arresti domiciliari fino al 9 ottobre. Ma lei ha preferito la libertà.

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