"Il problema è arrivare al 2023". È la profezia di Andrea Orlando. Il momento difficile che sta attraversando il Movimento 5 Stelle preoccupa e non poco il ministro del Lavoro. I timori dell’alleato democratico sono dovuti principalmente alla fase travagliata che stanno attraversando i pentastellati, a causa del ricorso che ha portato Giuseppe Conte a dimettersi dalla presidenza del partito e delle ormai continue discussion tra l’ex premier e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Per l’esponente del governo Draghi, intervistato dal Corriere della Sera, “è prematuro parlare di caos a 5 Stelle”, ma allo stesso tempo non bisogna sottovalutare “un passaggio difficile”, che si augura si concluda presto con il rafforzamento dell’alleanza progressista, che secondo lui per vincere di nuovo però deve tornare “a rappresentare le istanze di cambiamento che vengono dalla società, anche quelle più radicali emerse negli ultimi anni”. Un chiaro avvertimento, quindi, a chi spinge verso uno spostamento del baricentro troppo a centro e meno a sinistra.
Orlando non risparmia neanche le proprie perplessità nei confronti della Lega. Per quanto riguarda Matteo Salvini spera "per l'interesse nazionale che non rincorra Meloni, anche strizzando l'occhio a posizioni antieuropeiste e no vax in un momento cruciale per l'attuazione del Pnrr e la sconfitta della pandemia". Al contrario, invece, ritiene affidabili i forzisti guidati da Silvio Berlusconi, che non minaccerebbero la stabilità del governo.
La partita principale, comunque, si giocherà nel campo progressista. La prova del nove, in vista delle politiche del prossimo anno, saranno le amministrative che si terranno in primavera. In quel momento, a suo parere, sarà indispensabile rinsaldare l’intesa di centrosinistra, altrimenti il gioco salta, come d’altronde testimoniano gli ultimi sondaggi che vedono il campo progressista continuare a perdere punti nei confronti del centrodestra.
“Dovremo andarci – avverte il ministro del Lavoro - con un’alleanza pienamente strutturata e non potremo permetterci le geometrie variabili dello scorso anno”. Il vero problema del Partito Democratico, però, sarà coniugare il ruolo del Pd come pilastro all’interno del governo e di motore del Pnrr con un messaggio forte di cambiamento e riscatto del mondo del lavoro e dei settori popolari della società, che secondo quanto dicono le statistiche si sentirebbero sempre meno rappresentati da Pd e 5 Stelle. “Altrimenti – evidenzia Orlando - finiremo per essere identificati con l’establishment”.
Il dirigente dem, comunque, si ritrova con il messaggio del premier Draghi ai partiti teso a preservare un’azione di governo che necessita ancora il sostegno di tutte le forze che allo stato sostengono l’esecutivo. Strappare in questa fase, infatti, vorrebbe dire far perdere al Paese risorse importanti per lo sviluppo. “È proprio in questa zona grigia – sottolinea il dirigente del Partito Democratico - che si possono determinare incidenti parlamentari o politici”.
Un tema non semplice da affrontare, poi, resta quello della giustizia, a dimostrazione di come la riforma non sia stata condiviso del tutto dalle forze che sostengono Draghi.
Nel testo presentato da Cartabia, secondo Orlando, ci sarebbero alcuni pregi, come le norme contro le nomine a pacchetto o l'aver superato la commistione di funzioni del Csm, ma anche punti su cui occorre intervenire con urgenza, come nel caso delle cosiddette porte girevoli per i togati. "Qualche aggiustamento - conclude l'esponente del governo - serve per gestire la differenza tra il magistrato che ha fatto campagna elettorale e chi è stato chiamato per la sua terzietà in un governo tecnico".
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