Montecitorio, rissa a 5 stelle Due «cittadini deputati» si picchiano per un ritardo

Sorial e Carriello litigano in Transatlantico davanti a tutti La frase: «Uno non vale uno, anzi tu non vali un c...»

Roberto Scafuri

Roma In fondo si sarà trattato di un semplice fraintendimento. Quando l'altro giorno il Gran Mogòl Beppe aveva detto, festeggiando il compleanno del Movimento: «Ragazzi, belìn, dovete stare più uniti, più vicini». E si sa come succede, qualcuno prende i desideri del Capo sempre un po' troppo alla lettera. Ed allora, eccoli lì, nel cortile della Camera, testa a testa, fiato contro fiato, petto irrigidito contro petto. Solo che non volano parole d'affetto. No, proprio no.

Oppure, a ben guardare, sarà stato effetto della Singularity predetta da Gianroberto Casaleggio sulla scia (non chimica) della profezia di Hawking, l'eliminazione degli umani a opera della tecnologia più evoluta, che il nostro cervello non comprenderà più (nel 2040 o da subito, per il soprascritto). Questione di «carne», quindi, e sopravvivenza della stessa, quella scoppiata tra Giorgio Sorial e Francesco Carriello, cittadini deputati, ma anche giovani meravigliosi e irruenti (il primo, sulla fedina parlamentare, vanta un «Napolitano boia»). Una discussione cominciata sul tappeto rosso del Transatlantico, un «vieni fuori se hai coraggio», ed eccoli ancora lì, davanti la fontana del cortile di Montecitorio, a cercare di spiegare che «uno non vale uno», anzi, «tu non vali un c...». E che la carne sarà pure tutto, ma tu per intanto «sei un gran pezzo di m...».

Come nel partito dei Trinariciuti che fu, controdine cittadini e portavoce del popolo: Unità non vuol dire darsele di santa ragione. Capita intorno alle 11 di una desolante mattinata di pioggia, dunque neppure un duello come si deve, un mezzogiorno di fuoco o un'alba tragica dietro il Vescovato. A quell'ora i deputati hanno preso il terzo caffè della mattinata, qualcuno ha inaugurato mandorline e aperol, e ci si gode nel cortile l'agognata sigaretta. Piombano all'improvviso però i toreador, dalle parole del corridoio alla prova muscolare, gli arti si allungano e i le teste sono pronte alla craniata vincente. Cercano di spintonarsi, mentre tutt'attorno la scena attira attonita curiosità. Due colleghi grillini dividono i due prima che scatti il primo colpo, è Vincenzo Caso a mettere la propria carne tra i due Bladerunner. Dalle vetrate non ci si perde lo spettacolino inatteso. La tensione pare allentarsi, Caso si allontana snocciolando il suo rosario, ma Cariello ritorna a bomba, non ha finito di dire come la pensa di quel Sorial sempre così «puro e duro», sempre così ligio agli ordini di Milano, Genova o, qualche mese fa, Di Maio. Anche Sorial cerca di riavvicinarsi, perché quel Cariello lì, sempre così indisciplinato e fuori scontrino, sempre così inaffidabile, proprio «ha rotto i cog.». Poi ci ripensa e va via. Poco più in là l'ex capogruppo Federico D'Incà, boss degli ortodossi, ha chiesto (e ottenuto) il time-out da Cariello e chiarisce le cose assieme a Laura Castelli, Marco Brugnerotto e un risorgente Caso. La tensione si allenta, in commissione Bilancio, poco dopo, i due sembrano non pappa e ciccia, ma Gianni e Pinotto.

Che cosa è successo? La goccia che abbia fatto traboccare il vaso pare originata da un ritardo, ma non è facile ottenere dai grillini altro che versioni ufficiali: «Lite legata esclusivamente all'organizzazione dei lavori». Alle divergenze sul Def, dicono i retroscenisti ottimisti.

Di certo, da quando è precipitata l'autorevolezza dell'aspirante premier Di Maio, ogni giorno c'è uno che magari «si sente uno» o anche «più di un altro». Così i deputati pensano dei senatori, e i duri dei puri. Per fortuna ce ne sempre un teerzo che li epura (lo diceva già Pietro Nenni).

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