Le bretelle le metteva solo in tv. «Sono il mio abito di scena», diceva quasi giustificandosi. Larry King, ossia uno degli anchorman americani più decisivi di sempre, se ne è andato ieri a 87 anni in un celebre ospedale di Los Angele abbattuto dal Covid che si era insinuato tra i suoi tanti malanni. E con lui se ne va anche un modo di fare tv che giorno dopo giorno diventa sempre più lontano.
Il suo capolavoro è stato il Larry King Live, talk show notturno sulla Cnn visitato da quasi tutti i potenti dell'ultima parte di Novecento. Non era aggressivo, Larry King nato a Brooklyn nel 1933 come Lawrence Harvey Zeiger figlio di ebrei ortodossi e sin da ragazzo vorace ricercatore di fama. Non era aggressivo con i suoi ospiti che intervistava d'istinto, spesso a braccio, lasciando che il telespettatore si facesse poi la propria opinione. Forse per questo, dal 1985 al 2010, il Larry King Live è stato tappa obbligata, spesso consacrazione, per quasi tutti i politici o le star più famose del mondo, ma non solo: c'erano anche personaggi trash, spesso borderline, autentici protagonisti del Circo Barnum della notorietà.
Ed è stato proprio questo caravanserraglio di autorevolezza e ironia a surclassare tutti i concorrenti del Larry King Live nonostante spesso avessero ospiti più «glamour». Dopotutto se nel tuo talk show in venticinque anni riesci a intervistare tutti i presidenti degli Usa (ci andò anche Trump quando non era presidente), e poi Gheddafi e Ahmadinejad, Chavez e Putin, e ancora Marlon Brando, Sofia Loren e Frank Sinatra, vuol dire che hai trovato la formula giusta. Una volta il peperino Larry riuscì persino a riunire i Beatles superstiti, cioè McCartney, Starr e Harrison in studio con Yoko Ono, sempre di fianco a un microfono anni 30 che era un altro dei suoi marchi di fabbrica.
Larry King ha interrotto la favola sulla Cnn dopo 25 anni, nel 2010 e poi ha più che altro continuato come freelance co- fondando anche il gruppo editoriale Ora Media e passando di diritto nella categoria «leggenda». Aveva iniziato come deejay radiofonico in Florida alla metà dei '50 ed è uno dei padri fondatori della seconda vita dei tak show americani, quelli dopo Ed Sullivan per intenderci.
Ma è stato anche un uomo tremendamente sfortunato nella vita privata, visto che dal 1987 aveva gravi problemi di cuore (5 bypass), il diabete e lottava contro un tumore ai polmoni.
Nelll'estate del 2020 aveva perso due figli a poche settimane uno dall'altra e, prima di Natale, era stato ricoverato in ospedale. E lì è morto da solo, isolato dalla famiglia per il Covid, proprio lui, Larry the King, l'uomo che in 63 anni di carriera aveva intervistato oltre 50mila persone senza mai rimanere in silenzio.
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