Tre giorni di lutto nazionale in Argentina a partire da ieri per la morte di Carlos Saul Menem, presidente dal 1989 al 1999, deceduto domenica all'età di 90 anni a Buenos Aires nella clinica Los Arcos. Fernandez ha espresso il suo cordoglio, insieme con la vicepresidente e presidente del Senato, Cristina Fernandez de Kirchner, ricordando che Menem è stato «sempre eletto in democrazia» e «perseguitato e imprigionato nella dittatura». La salute del politico era gravemente compromessa, a causa dell'età avanzata e del diabete. Nell'ultimo anno si sono succeduti vari ricoveri, per una polmonite e da ultimo un'infezione alle vie urinarie.
Menem è stato una figura centrale nella giovane democrazia argentina, il leader politico che per più tempo ha guidato il potere esecutivo senza interruzioni nella storia del Paese, governandolo per un decennio con riforme di impronta neoliberista, nonostante la provenienza peronista. Nato nella provincia di La Rioja, una delle più povere del Paese, si impose al governo della nazione col cavallo di battaglia del neoliberismo. Uno dei suoi primi atti come presidente fu la concessione della grazia a tutti i politici del precedente governo responsabili del sanguinoso fenomeno dei «desaparecidos».
Insieme al ministro dell'Economia, Domingo Cavallo, Menem decise di imporre il tasso di cambio fisso peso-dollaro per contenere l'inflazione, riuscendo nell'intento. Forte del risultato Menem fu riconfermato alla Casa Rosada come presidente nel 1995.
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