Mosca: ripresa dei negoziati. Il colloquio con Washington. Ma Kiev: "Prima ritiro totale"

Le condizioni ucraine per il cessate il fuoco: "No a una nuova Minsk". Telefonata tra i capi degli eserciti di Usa e Russia

Mosca: ripresa dei negoziati. Il colloquio con Washington. Ma Kiev: "Prima ritiro totale"

Dopo settimane di stallo, si torna a parlare di negoziati tra Mosca e Kiev. Ma l'andamento del conflitto, che in questa seconda fase vede l'esercito di Putin in difficoltà, sembra aver cambiato le carte in tavola. Ora è la Russia a spingere per tornare a trattare, mentre l'Ucraina - forte dei successi ottenuti sul campo grazie alla sua tenace e ben organizzata resistenza - alza la posta.

È il vice ministro degli Esteri di Mosca, Andrei Rudenko, a tendere la mano mostrando la disponibilità del Cremlino a cercare un punto di incontro se l'Ucraina si dichiarerà disponibile a farlo. «Non siamo stati noi a interrompere il processo negoziale, ma sono stati i nostri partner ucraini a metterlo in pausa. Non appena si diranno disponibili a tornare al tavolo dei negoziati, ovviamente risponderemo affermativamente. La cosa principale è che ci sia qualcosa di cui discutere», ha detto Rudenko all'agenzia Interfax. Ma Kiev non sembra avere intenzione di correre al tavolo senza aver prima posto le sue condizioni: «Non offriteci un cessate il fuoco, questo è impossibile senza il ritiro totale delle truppe russe. La società ucraina non è interessata a una nuova Minsk e alla ripresa della guerra tra pochi anni», ha chiarito su Twitter il consigliere presidenziale, Mikhailo Podolyak, facendo riferimento agli accordi di pace sottoscritti nella capitale della Bielorussia nel 2014 e nel 2015 mai attuati. «Fino a che la Russia non è disposta a liberare completamente i territori occupati, i nostri negoziatori sono le armi, le sanzioni e i soldi», ha avvertito Podolyak.

Da qualche settimana i negoziati sono in stallo, con le due parti che si rivolgono accuse reciproche. Gli ultimi progressi c'erano stati il 29 marzo a Istanbul, poi tutto si è fermato. E per i russi è stata l'Ucraina a ritirarsi dal processo negoziale. Forti dell'andamento del conflitto, gli ucraini avevano proposto lo stesso presidente Zelensky come moderatore nel caso in cui i colloqui di pace fossero ripresi, sottolineando che non avrebbero dato nulla «per salvare la faccia di Putin» perché la società «ha già pagato un prezzo enorme». Prima di tornare al tavolo negoziale, Kiev pretende ora che Mosca ritiri tutte le sue truppe. Dal Cremlino non è arrivata al momento alcuna replica, ma il portavoce Dmitry Peskov parlando del piano italiano per la pace presentato mercoledì a New York dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio al segretario generale dell'Onu Antonio Gutteres e anticipato ieri da Repubblica, ha detto che «la partecipazione di chiunque possa aiutare a raggiungere un accordo è benvenuta». Il documento, elaborato alla Farnesina in stretto coordinamento con Palazzo Chigi, prevede un percorso in quattro tappe sotto la supervisione di un Gruppo internazionale di Facilitazione: il cessate il fuoco, la possibile neutralità dell'Ucraina, le questioni territoriali e un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale. «Non abbiamo notizia dei dettagli di questo piano, non so se sia stato trasmesso tramite canali diplomatici», ha detto Peskov.

Da registrare intanto il colloquio telefonico tra il capo di Stato maggiore delle forze armate russe Valerij Gerasimov e l'omologo statunitense Mark Milley.

I capi dei due eserciti hanno discusso, su iniziativa americana, di «questioni di reciproco interesse, compresa la situazione in Ucraina». «Spero che ci avvicineremo di un passo a una soluzione diplomatica», ha commentato il generale americano Tod Daniel Wolters, comandante supremo delle Forze Alleate in Europa della Nato.

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