Mosca usa i soldati come carne da cannone. E il Cremlino è in difficoltà sugli arruolamenti

Regolari, mercenari o stranieri: tutti sacrificabili per gli scopi russi

Mosca usa i soldati come carne da cannone. E il Cremlino è in difficoltà sugli arruolamenti
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Dopo i «volontari» nepalesi e cubani arrivati in Russia per fame e per soldi, dopo i nordcoreani spediti da Kim Jong-un in nome della fratellanza tra dittatori, arrivano gli yemeniti. I miliziani houthi sono gli ultimi in ordine di tempo a finire al fronte ucraino dalla parte sbagliata per combattere una guerra non loro.

La notizia suggerisce tre considerazioni. La prima è la crescente evidenza delle difficoltà che Vladimir Putin incontra negli arruolamenti. Il tipo di guerra che l'esercito russo sta combattendo in Ucraina è molto diverso da quello immaginato quasi tre anni fa dai suoi vertici: non un Blitzkrieg in stile Polonia 1939, ma un'orrenda carneficina tra fanterie come usava nella Prima guerra mondiale, abbinata alla spietata devastazione dal cielo delle città e delle infrastrutture energetiche del Paese aggredito. Questa strage costa mediamente ogni giorno alla Russia, i cui generali mandano all'assalto i loro uomini a ondate, senza curarsi delle perdite, contro gli ucraini trincerati in inferiorità numerica, 1000/1500 vittime, tra morti e feriti. Un'ecatombe già oltre quota 750mila, che dimostra come dai tempi di Stalin (che sconfisse così i nazisti veri, quelli mandati in Unione Sovietica da Hitler) nulla sia cambiato nella dottrina militare dell'ex Armata rossa: la vita del soldato russo vale zero. Non tutti i russi sono uguali, però: quelli «non etnici» delle remote regioni caucasiche, siberiane o dell'Estremo Oriente si sacrificano senza problemi, ma quelli di Mosca o San Pietroburgo è meglio non arruolarli a forza. Potrebbero anche cambiare idea sul regime. Meglio rimpinguare i ranghi con alleati stranieri di Paesi di secondo livello. Anche Hitler lo fece, quando i «super uomini» tedeschi cominciarono a scarseggiare...

La seconda considerazione riguarda quell'Asse delle autocrazie nemiche dell'Occidente che Putin s'illude di capeggiare in società con la Cina di Xi Jinping, che in realtà ha in mano carte molto più vincenti delle sue e lo considera un junior partner. L'arrivo nelle nevi ucraine dei miliziani del deserto yemenita conferma plasticamente che tutto si tiene e che tutto fa brodo pur di aiutare Putin a non perdere la guerra contro l'odiato Zelensky, che è guerra contro l'Occidente.

Discende da qui l'ultima riflessione.

Che riguarda la sfacciataggine di Putin quando accusa americani ed europei di aver globalizzato il conflitto in Ucraina: Mosca usa da anni armi iraniane e nordcoreane, manda al fronte legioni di alleati e miliziani stranieri, ma grida all'interferenza se aiutiamo Kiev a difendersi. Mentire, però, non aiuta a vincere le guerre.

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