Moschee, atelier e officine. La triste fine di 300 chiese

La crisi del culto cattolico non sta facendo sparire solo fedeli, ma anche luoghi sacri. Mortificando pure l'arte

Moschee, atelier e officine. La triste fine di 300 chiese

A ltari che ospitano banconi, reliquie sostituite da quadri contemporanei, crocifissi rimossi e preghiere silenziose che cedono il passo al frastuono. È il destino di centinaia di chiese, trasformate da luoghi di culto in locali alla moda, negozi, atelier di artisti, biblioteche, sale conferenze e teatri. Ma anche in luoghi di culto lontanissimi dalle tradizioni cattoliche. L'intento è quello di sottrarre questi edifici storici all'abbandono, ma il risultato è privarli del loro significato più profondo. Il caso di Bergamo, la sorte della chiesa dei cappuccini all'interno degli ex ospedali riuniti messa all'asta da Regione Lombardia e acquistata per circa 450mila euro dall'Associazione dei musulmani, non è isolato.

All'indomani dell'apertura delle buste, a far discutere è quello che il gruppo islamico intende realizzare all'interno della struttura, la volontà cioè di trasformarla in una moschea. Ma questa vicenda non è certo inedita. Da moltissimi anni ormai sono migliaia le chiese italiane, ma anche europee, che smettono di funzionare, cambiando in molti casi anche la destinazione d'uso. Non più luoghi sacri, ma edifici profani. Nel nostro Paese non esiste una statistica ufficiale, ma si stima che siano circa 200-300 le chiese «abbandonate». Più facile capire cosa succeda oltre confine: in media sono venti le chiese che ogni anno sbarrano i portali in Gran Bretagna, più di 500 quelle che hanno chiuso in Germania negli ultimi dieci anni, almeno mille quelle che seguiranno lo stesso destino nei Paesi Bassi entro il prossimo decennio.

Quasi sempre questi edifici storici vengono trasformati in attività commerciali. In qualche caso vengono «ceduti» ad altre religioni. In Francia, per esempio, ci sono già quattro chiese diventate moschee a Lille, Nantes e Graulhet. Nel nostro Paese i numeri sono più bassi. A parte il recentissimo caso di Bergamo, c'è quello di Sesto Fiorentino. Proprio qui lo scorso anno è stata ufficializzata la costruzione di un luogo di culto islamico, con tanto di centro culturale, su un terreno di proprietà della Curia di Firenze. E poi c'è la chiesa di San Paolino dei giardinieri, a Palermo, diventata punto di riferimento per i musulmani, soprattutto immigrati tunisini. Il destino delle altre chiese italiane dimenticate è però diverso. Uno degli esempi più significativi si trova a Milano. È la chiesa sconsacrata di Santa Teresa, costruita nel 1694 e diventata in tempi decisamente più recenti una biblioteca multimediale, con computer, sedie e scrivanie a prendere il posto di diffusori per l'incenso e statue sacre.

Decisamente meno nobile è il destino di un altro luogo religioso importantissimo. Si tratta dell'Eremo delle Grotte, a Cupramontana (Ancona). L'edificio è stato abitato per cinque secoli dai frati Camaldolesi, oggi può essere prenotato da chiunque voglia divertirsi con cene sociali e degustazioni di vini. Poco lontano si trova la sala capitolare della Badia di Sant'Emiliano in Congiuntoli. È stata edificata nel X secolo dai frati Benedettini, adesso ospita un allevamento di animali da cortile. Spostandosi in Toscana si incontra l'ex convento di Panzano in Chianti: è stato restaurato e venduto per oltre due milioni di euro come struttura ricettiva. Mentre a Jesi la chiesa romanica di San Nicolò è diventata un set per sfilate di moda e mostre-mercato di cioccolato. Ma ci sono luoghi di culto finiti decisamente peggio. È il caso, per esempio, della Madonna della neve di Portichetto di Luisago (Como). Qui altare e panche sono stati rimossi per far posto a un'officina per le auto.

Mentre a Genova la chiesa di Santa Sabina è stata trasformata nella sede di una banca. L'elenco potrebbe allungarsi di molto. Perché la crisi del culto cattolico non sta facendo scomparire solo i fedeli, ma anche opere d'arte custodite per secoli e ormai quasi del tutto dimenticate.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica