La mossa di Putin: i territori occupati o attacco a Odessa

Lo Zar minaccia l'offensiva sulla città portuale. L'ipotesi bluff e le ragioni interne

La mossa di Putin: i territori occupati o attacco a Odessa
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L'ultima incognita si chiama Odessa. Per ora nessuno sa se si tratti di un piano o di un bluff. Ma intanto se ne parla. E questo è quanto vogliono Vladimir Putin e i suoi. Altrimenti il quotidiano Kommersant si sarebbe ben guardato dal pubblicare il resoconto del discorso a porte chiuse con cui il Presidente ha spiegato ai rappresentanti dell'imprenditoria e dell'industria russa gli obbiettivi dell'imminente trattativa sull'Ucraina con gli Stati Uniti.

Stando alle rivelazioni del quotidiano il negoziato, al via lunedì prossimo a Jedda, può concludersi solo in due modi. Il primo è il riconoscimento di tutte le richieste russe con l'annessione non solo della Crimea e delle regioni secessioniste di Donetsk, Lugansk, ma anche dei territori di Kherson e Zaporizhzhia occupati fin dal 2022. L'alternativa sarebbe, invece, la ripresa dell'offensiva russa fino alla conquista del porto di Odessa. Probabilmente dietro le rivelazioni di Kommersant si cela semplicemente una tattica negoziale rivolta ad aumentare la posta in gioco in vista di trattative lunghe e complessa. L'unica certezza - stando a quanto annunciato ieri dal consigliere del Cremlino per gli affari internazionali Yuri Ushakov - resta dunque la presenza a Jedda - a partire da lunedì - del senatore Grigory Karasin, presidente del Comitato per gli affari internazionali del Consiglio della Federazione, e di Sergei Beseda consigliere del Direttore dell'Fsb, il servizio segreto erede del Kgb . Spetterà a loro due avviare la trattativa con la delegazione americana guidata dal Segretario di Stato Marco Rubio e dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz.

La pre-tattica negoziale del Cremlino e la minacciosa «opzione Odessa» vanno però lette anche in chiave interna. Per capirne il perché bisogna tornare ai referendum del 2022 usati da Mosca per sancire l'annessione delle regioni secessioniste di Donetsk e Lugansk e di quelle parzialmente occupate di Kherson e Zaporizhzhia. Dopo aver decretato il successo dei referendum il Cremlino assegnò alla Duma il compito d'iscrivere in Costituzione l'appartenenza delle quattro regioni alla Federazione. Aldilà del risultato l'annessione resta assai discutibile. Ad oggi infatti la Russia ha il controllo del 98 % del Lugansk, del 65 % circa del Donetsk e del 50% , o meno, di Zaporizhzhia e di una porzione assai limitata del Kherson. Rinunciare alle parti mai conquistate di quelle regioni sarebbe però imbarazzante. Dal punto di vista costituzionale equivarrebbe, infatti, a cedere territori già dati per propri. Quindi ecco l'esigenza di alzare la posta in gioco per poi scendere su posizioni più compatibili con l'effettiva situazione sul terreno. La rimessa in gioco di Odessa riprende invece lo schema iniziale dei piani russi. Quando il 24 febbraio le truppe di Mosca marciarono dalla Crimea al Donbass l'obbiettivo non era solo la conquista dei territori di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson, ma anche l'occupazione del porto di Odessa.

Un'occupazione che avrebbe tolto all'Ucraina l'accesso al mare strangolandola economicamente e commercialmente. Rimettere sul tavolo quei piani serve anche a rassicurare l'opinione pubblica russa. Un modo come un altro per dire «se Trump non mi da quel che voglio sono pronto a ricominciare».

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