Le mosse di Zen, il cardinale anti-Cina: la sfida a Parolin per l'intesa con Pechino

Il 93enne è a Roma, dove c'è anche il successore Chow

Le mosse di Zen, il cardinale anti-Cina: la sfida a Parolin per l'intesa con Pechino
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C'era anche lui al funerale. Il cardinale con un piede in carcere, l'uomo di fede che ha dovuto chiedere la restituzione del passaporto alle autorità di Pechino, il cristiano che non ha mai accettato compromessi. Joseph Zen, 93 anni, è a Roma. Forse non lo aspettavano, ma lui è arrivato, curvo e indomito come sempre.

Paradosso, in queste ore nella capitale ci sono tutti e due i cardinali di Hong Kong: Zen ma anche il suo successore, Stephen Chow, arcivescovo della città, che parteciperà al conclave. Difficile capire i rapporti fra i due che appartengono a generazioni diverse. Chow, classe 1959, cerca un punto di mediazione con il regime in una situazione difficilissima, Zen è un nemico del Partito comunista che non ammette compromessi.

La Chiesa esprime una pluralità di posizioni e situazioni umane e il caso cinese è uno dei più drammatici: siamo sul crinale della persecuzione ma Francesco e il Segretario di Stato Pietro Parolin hanno raggiunto un accordo, segreto nelle clausole, con Pechino per offrire alla Chiesa una sponda legale. Un quadro a dir poco ingarbugliato, oggetto di infinite critiche, e certo non è difficile capire che Zen sia fra quelli che contestano l'intesa.

Parolin cerca una via realistica per dare respiro e dignità ai fedeli, Zen paga sulla propria pelle l'inscalfibile durezza del potere. Viene arrestato nel 2022, ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale. Torna libero, ma il regime non molla la presa, controlla ogni suo passo, gli porta via il passaporto, centellina i permessi per viaggiare. Hong Kong, dopo le grandi proteste del 2019- 2020, con due milioni di giovani in strada, è stata ridotta al silenzio e in qualche modo normalizzata, forse si spera che anche il problema Zen si risolva, se non altro per ragioni anagrafiche.

Insomma, siamo dentro un dramma che non ammette soluzioni, almeno oggi, o pacificazioni, ma solo tregue e accordi provvisori. Con un corredo di umiliazioni per chi sceglie di non arrendersi, di non rinunciare alla propria libertà, di non consegnarsi all'ideologia dominante. Tutto questo groviglio è oggi a Roma, in un contesto assai faticoso. Due cardinali, più un terzo, Parolin, che in nome del realismo è il principale artefice dell'intesa con Pechino che ha messo in carcere Zen.

Arduo immaginare una situazione più incandescente, ma nel conclave fatalmente - anche se Zen non ci sarà - entrano in qualche modo anche queste tensioni. E si giudicano le strategie adottate nei confronti del colosso asiatico, la seconda economia del mondo dopo gli USA.

Nel 2023, Zen aveva adottato la stessa procedura per venire ai funerali di

Ratzinger e in quell'occasione aveva incontrato Francesco in un'udienza privata. A dicembre, il suo caso tornerà in tribunale per l'appello, dopo la multa inflittagli in primo grado. La via crucis del porporato non finisce qua.

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