Il Parlamento europeo ha adottato una «posizione negoziale» sulla normativa Euro 7 per le emissioni inquinanti dei veicoli. Il testo dovrà passare per il Trilogo (Parlamento, Commissione e Consiglio ossia gli Stati membri) ma il primo effetto è uno slittamento di due anni, che dà respiro a un'industria già messa in difficoltà dalle stringenti norme sulle emissioni climalteranti, tanto ideologiche quanto inutili per il cambiamento climatico. Il testo Euro 7 si occuperà in particolare delle emissioni di particelle di freni e pneumatici, mentre le emissioni allo scarico restano quelle dell'Euro 6, ossia le auto ora in produzione. Parliamo delle polveri sottili (PM10) e degli ossidi di azoto (NOx) prodotte dai motori, già abbattuti negli ultimi trent'anni rispettivamente del 98 e 96% rispetto alle auto pre-regolamenti europei, le cosiddette Euro 0.
Visti tali progressi, sembrava logico sfidare l'industria a fare ancora meglio. In realtà no. Il minimo beneficio ancora perseguibile era fuori portata, poiché avrebbe comportato un costo di produzione talmente oneroso per il cliente da mettere le auto fuori mercato, trasformandosi in un danno per l'ambiente. Le persone avrebbero rinunciato all'acquisto di auto nuove e molto onerose, continuando a usare quelle vecchie, inquinanti e poco sicure: il famoso «effetto Cuba».
La Commissione era su posizioni giudicate dall'industria «irricevibili» e dettate da «irrazionalità», secondo Roberto Vavassori, presidente di Anfia, la filiera della componentistica auto. Proprio il lavoro di supporto tecnico delle associazioni ha consentito ai parlamentari di trovarsi su queste posizioni «di buon senso» in una maggioranza inedita, che ha visto insieme i Popolari, i liberali di Renew Europe e i Conservatori e Riformisti ma anche il gruppo di Identità e Democrazia. Un voto dunque disallineato rispetto alla «maggioranza Ursula» che sostiene la Commissione. Difficile non vedervi una prima prova di quel nuovo assetto politico molto desiderato dalle prossime urne europee, eppure non scontato.
Nonostante il Covid e la guerra dietro casa, questa Commissione ha connotato la sua agenda sui temi ambientali, rispondendo a un'opinione pubblica convinta di essere l'artefice dei cambiamenti climatici e dei disastri ambientali conseguenti. Un'alternativa politica è necessaria e forse anche possibile, ma va costruita.
Non c'è spazio per il timore di apparire retrogradi e conservatori rispetto alla sensibilità ambientale. Ai cittadini va raccontato che non siamo noi europei a fare danni e che anzi già paghiamo da anni un prezzo industriale e sociale altissimo, come nessun altro.
Occorre il coraggio dei fatti contro il furore ideologico, per scrollare dalle spalle di italiani ed europei il peso dei disastri meteorologici, senza illuderli che cambiando la caldaia a gas eviteranno l'alluvione. Le convinzioni sbagliate vanno sgretolate, non ignorate o aggirate. Votare a favore di un Euro 7 ragionevole non basta, se non si spiega che fare di più avrebbe peggiorato, non migliorato, l'aria che respiriamo.
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