
Non c'è la rottura, anzi qualche cavalleresco ringraziamento da una parte e dall'altra, ma la sostanza è una e una sola: muro contro muro, o quasi. Il governo blinda il convoglio della riforma costituzionale, l'Anm guarda al referendum per provare a rovesciare il risultato. Due ore di incontro che già sulla porta rischiano di deragliare: i dieci membri dell'Anm si presentano con la coccarda tricolore sul bavero, esattamente come era successo in occasione del recente sciopero. Giorgia Meloni, che è dall'altra parte del tavolo con il Guardasigilli Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano, punge: «Spiace vedere che in più occasioni si usi il tricolore o si esibisca la Costituzione, come se il governo volesse colpire o smantellare la Costituzione, mentre stiamo usando le prerogative che la stessa Carta dà al potere esecutivo e legislativo». Il segretario dell'Anm Rocco Maruotti replica a tono: «Ma i magistrati devono essere sottoposti alla legge, non ai disegni di legge. E finché ci sarà un disegno di legge che secondo l'Anm e la quasi totalità delle toghe colpisce i diritti dei cittadini e apre varchi pericolosi per l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, noi esprimeremo il nostro pacato e argomentato dissenso».
Ma sul cuore della riforma l'esecutivo Meloni si gioca la faccia; già è finito in freezer il premierato e non è dunque immaginabile scomporre quel che non può essere diviso. I pilastri sono irrinunciabili: due Csm, ingresso per sorteggio, Alta corte per i giudizi disciplinari. Del resto cambiare anche uno solo di questi punti vorrebbe dire ripartire dall'inizio e con quattro passaggi parlamentari il testo verrebbe dirottato su un binario morto. Invece il provvedimento votato dalla Camera e ora al vaglio del Senato non verrà modificato. O meglio, gli eventuali aggiustamenti verranno fatti, se così sarà, in seguito con leggi ordinarie. In quella sede si potrà ad esempio introdurre il sorteggio temperato, non più secco, per i togati del Csm e magari anche per i laici. Oppure introdurre le quote rosa e ragionare sulle modalità del concorso di accesso alla magistratura. Su questo e su tutto il resto il governo è disposto a fare concessioni, ma senza toccare l'impianto di fondo. Alla fine del meeting il presidente dell'Anm Cesare Parodi, un moderato che molti vedono già in bilico, riassume così: «Ora ancora con maggior chiarezza noi come magistrati andremo avanti per la nostra strada. E il governo ha detto che andrà avanti per portare a casa la separazione delle carriere». Tutto chiaro. «Il governo - si legge in una nota di Palazzo Chigi - ha ribadito la volontà di proseguire con determinazione e velocità nel percorso di attuazione della riforma costituzionale, auspicando la sua approvazione in tempi rapidi». Di qua e di là. Ma l'esecutivo cerca di tenere vivo il dialogo avviato fra mille difficoltà e pregiudizi: «Il presidente del Consiglio ha ringraziato l'Anm per le osservazioni e gli spunti emersi nel dibattito e ha annunciato la disponibilità ad aprire un tavolo di confronto sulle leggi ordinarie di attuazione delle riforma e sul documento in otto punti presentato dall'Anm che riguarda l'amministrazione della giustizia». Dal sovraffollamento delle carceri all'incremento delle toghe e delle risorse.
Giorgia Meloni smentisce invece con forza la voce circolata nelle ore precedenti il meeting, ovvero il progetto di Palazzo Chigi di staccare la polizia giudiziaria dai pubblici ministeri: «Non ho mai pensato di togliere il controllo della polizia giudiziaria ai pm. È un'ipotesi che non esiste». È già qualcosa per l'Anm che spera nelle urne: «Considero l'incontro un momento di chiarezza per la nostra volontà di arrivare alla gente».
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