Musk nel mirino: chiamò Putin. Il Washington Post non sceglie: dopo 36 anni no endorsement

L'imprenditore, principale sostenitore di Trump, accusato dall'inchiesta del Wall Street Journal

Musk nel mirino: chiamò Putin. Il Washington Post non sceglie: dopo 36 anni no endorsement
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Le conversazioni segrete tra Elon Musk e Vladimir Putin irrompono sulle battute finali della campagna elettorale americana. Mentre il Washington Post si sfila e decide di non appoggiare nessuno dei due candidati alla Casa Bianca per la prima volta dal 1988. È il Wall Street Journal a svelare l'esistenza di «contatti regolari» tra l'uomo più ricco del mondo, nonché il più grande finanziatore della campagna di Donald Trump e uno dei maggiori fornitori di servizi al governo degli Stati Uniti, e lo zar del Cremlino. Secondo i funzionari Usa, europei e russi citati dal quotidiano, i colloqui tra il leader di Mosca e il patron di X, Tesla e SpaceX spaziavano da «fatti personali» a questioni economiche e geopolitiche. A un certo punto, stando alle medesime fonti, Putin avrebbe addirittura chiesto a Musk di «non attivare» il suo servizio di satelliti Starlink a Taiwan «per fare un favore» al leader cinese Xi Jinping.

Se fosse confermata, a nove giorni dal voto per la Casa Bianca, la notizia sarebbe preoccupante sotto diversi punti di vista. In primis il miliardario ha una serie di contratti in corso con il Pentagono e le agenzie di intelligence Usa, alcuni su operazioni classificate, inoltre attraverso X ha un potere di influenza enorme nella società Usa, e infine è diventato uno dei più grandi sostenitori del possibile nuovo presidente degli Stati Uniti. Musk ha già definito «assurde» precedenti critiche sul fatto che sia diventato un apologeta di Putin, sostenendo che le sue aziende «hanno fatto di più di qualsiasi altra cosa per indebolire la Russia». E ha pure negato di simpatizzare per Mosca sostenendo di aver parlato con lo zar solo una volta, nell'aprile 2021, di argomenti legati allo spazio. Ieri anche il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha commentato la notizia del Wsj, definendola «totalmente falsa», e citando solo una telefonata tra i due «prima del 2022» per parlare di «tecnologie visionarie e soluzioni per il futuro».

Nel frattempo dal sondaggio finale di New York Times e Siena College arrivano buone notizie per Trump. Il tycoon e Kamala Harris sono alla pari sul voto popolare (48% a 48%). Secondo il giornale l'elettorato è raramente sembrato così equamente diviso, e il risultato non è incoraggiante per la vicepresidente considerato che nelle recenti elezioni i democratici hanno avuto un vantaggio nel voto popolare anche quando hanno perso il Collegio Elettorale e quindi la Casa Bianca. E se il Washington Post ha annunciato che non darà l'endorsement a nessuno dei due candidati, per l'ex comandante in capo ieri è arrivato l'appoggio del New York Post. «Gli elettori hanno una grande responsabilità in questa elezione, una delle più importanti nella storia di questa grande nazione. Una scelta che avrà ripercussioni per decenni», ha scritto il board editoriale del quotidiano di proprietà di Rupert Murdoch, sottolineando che «Trump è la scelta giusta». Harris, da parte sua, ha chiamato a raccolta star e big democratici.

Giovedì sera ad Atlanta, in Georgia, uno dei sette stati cruciali per la vittoria, per la prima volta è apparsa ad un comizio con Barack Obama, il quale si è rivolto all'elettorato maschile rinnovando l'invito a rifiutare la misoginia del tycoon, e nel parterre c'erano celebrità come Bruce Springsteen, Spike Lee, e Samuel L. Jackson.

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