«Il sette, per le sue virtù celate, mantiene nell'essere tutte le cose», scrisse Ippocrate. E questo numero così simbolico è nella vita di Raffele Carlino fin dalla nascita: il 27 -7 -1957 alle ore 7. Il presidente di Carpisa ha voluto mettere nero su bianco le sue esperienze nel libro Il Presidente. «A una certa età bisogna fare un riassunto, c'è il pericolo di dimenticare pezzi di vita e la mia è stata bellissima. È una sorta di diario che racchiude la mia storia imprenditoriale e familiare, un sogno che ho avuto la fortuna di vivere. Sono nato in una famiglia molto umile in un quartiere popolare di Napoli, a Piazza Mercato. Ci sono stato solo fino a 10 anni ma rimarrà sempre nei miei ricordi. Ero uno scugnizzo di piazza Mercato, andavo in una scuola statale, giocavo a calcio con un pallone di plastica con tutti gli altri scugnizzi. Mia mamma mi veniva a prendere per le orecchie e mi picchiava per portarmi a casa, io scappavo sempre. Siamo stati i primi a fare il calcio scommesse nel senso buono, giocavamo 100 lire e chi vinceva si comprava il panino caldo alla bancarella. Era la Napoli bella, popolare».
Tempi difficili, bei ricordi.
«Eravamo una famiglia modesta, mio padre era figlio di nove fratelli tutti maschi. A scuola non volevo andare, ma dai piccoli delinquenti mi sono ritrovato nella scuola più in di Napoli, una scuola svizzera dove era molto difficile entrare e dove la prima lingua era il francese e la seconda il tedesco. Sempre alti e bassi».
Che accadde poi?
«Mio padre decise di trasferirsi in vicolo Vinaia, dove diede vita a una fabbrichetta di borse. Da lì è iniziata anche la mia passione. Uscivo da scuola e invece di studiare andavo in fabbrica a tagliare i borsellini. Era il mio lavoro».
E la vera svolta?
«La fabbrica di mio padre stava andando malissimo, era vicina alla chiusura. Tempo prima era andato in Asia per una fiera convinto che fosse il luogo perfetto per il nostro prodotto, eravamo negli anni '80. Per accontentare mio padre partii prima per la Thailandia poi per Hong Kong. Iniziai partendo dall'importazione della Charlie bag, riconoscibile dalla tartaruga verde sul cartellino blu. Successivamente, cominciai ad acquistare valigie e borse da tutti i brand più famosi, portafogli e ombrelli. Ormai da vent'anni produciamo le nostre valigie in Cina. Tutto questo grazie a un team di lavoro eccezionale perché da solo non si fa nulla».
L'evoluzione?
«Dopo il primo negozio Carpisa pelletteria artigianale, ne ho aperti subito altri sette tutti da solo poi un ingrosso di pelletteria a Nola di più di 3000 mq con venti casse, come i supermercati e avevamo sempre la fila fuori. Nel 2001 la famiglia Cimmino entra in Carpisa con il 30 per cento per poi diventare soci paritetici in Carpisa e Yamamay».
Passioni?
«Mi sono innamorato del calcio femminile, bello pulito leggero, abbiamo vinto tre campionati consecutivi e quest'anno siamo rimasti in serie A. L'unico errore della mia vita? L'Ischia calcio, avevo il 9% della società mi fecero presidente e dopo due anni andammo in serie C».
Altri progetti per il futuro?
«Abbiamo appena inaugurato il Ristorante Sofia Loren a Firenze, il primo di una lunga serie progettati dall'architetto e socio Ivo Redaelli, una ventina nel mondo apriremo anche a Milano, Napoli, Venezia, Tokyo, Shanghai, New York dove si mangia la pizza di Minucci il migliore pizzaiolo italiano e la cucina di Gennarino Esposto lo Chef stellato. Per me la Loren incarna la donna ideale popolare, napoletana verace, fisico stupendo, simpatica, un'icona di bellezza. L'ho conosciuta a Zurigo tre anni fa mi sono veramente emozionato per la prima volta in vita mia e il mio socio addirittura è svenuto per l'emozione.
Ho due miti, lei e Maradona. Quando è tornato a Napoli per la festa di addio al calcio di Ciro Ferrara che noi abbiamo sponsorizzato è successo l'impossibile. In più, mi ha portato una valigia Carpisa, autografata da lui».
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