Nascondigli dalla Val Susa alla Sicilia: gli eco-ribelli hanno casette sugli alberi

Le costruzioni tra le fronde usate durante le proteste

Nascondigli dalla Val Susa alla Sicilia: gli eco-ribelli hanno casette sugli alberi
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Anni fa per i bimbi in vacanza in montagna era un lusso avere una casa sull'albero dove giocare. Nulla di pretenzioso, per carità. Poche assi di legno ben assestate con qualche martellata, il resto lo faceva la fantasia. Si giocava alla guerra. Potevano essere fortini dove i pellerossa resistevano agli assalti dei cowboy o dimore sperdute di elfi che si preparavano a combattere gli orchi. Oggi, dalla Val Susa alla Sicilia, di casette ben costruite sugli alberi se ne vedono di più. Su molte giocano ragazzini non ancora cresciuti ma su molte altre salgono adulti che purtroppo per loro non sono ancora cresciuti.

Le chiamano «casette di ribellione» e, con in testa l'ideologia cieca del green, le usano come punto d'appoggio per protestare contro i cantieri, sabotare le opere pubbliche e attaccare le forze dell'ordine. Una forma di guerriglia diffusa nel Nord Europa e, come raccontato in un'inchiesta pubblicata su Millennium, adottata anche dagli eco-attivisti in Italia. Quando cinque anni fa venne fermata dalla polizia dell'Assia, Carola Rackete, l'ex capitana della Sea Watch 3 che nel 2019 speronò la motovedetta della Guardia di Finanza per scaricarci una cinquantina di clandestini, aveva preso parte alla protesta nella foresta di Dannenröder contro la costruzione di un'autostrada. Tra i movimenti accorsi a dare man forte c'erano pure quelli di Extinction Rebellion. «All'inizio dormivano in tenda, poi hanno fabbricato le case di legno sospese aveva spiegato Rackete a Repubblica si trovano a 20 metri di altezza e per salire devi usare un complicato sistema di corde». Da quelle casette in legno i poliziotti tedeschi avevano tirato giù gli ambientalisti a forza. «È stato uno sgombero abbastanza violento», aveva raccontato sempre Rackete. «Uno degli agenti ha tagliato la corda di sicurezza cui era legata una donna, che ha fatto un volo di una decina di metri».

Non conosciamo le tecniche di resistenza degli attivisti a Dannenröder ma quelle usate in Val Susa contro l'Alta Velocità sì. Lì i No Tav, antesignani della sbornia gretina che ha travolto l'Europa, protestano con estrema violenza da vent'anni. Se si scorre la lista degli agenti feriti nelle guerriglie non si sbaglia a parlare di bollettino di guerra. Tra quei boschi le trincee sono anche le casette sugli alberi, strumento di presidio e punto d'assalto. Il movimento No Tav ha «esportato» il modello anche in provincia di Vicenza dove l'anno scorso sono stati occupati diversi boschi.

E di casette se ne vedono pure in Sicilia dove combattono i No Muos. È il nuovo fronte degli eco attivisti che in quanto a idee non stanno mai con i piedi per terra. Ma che quando poi ci scendono, a terra, i piedi (e pure le mani) li usano per imporre la propria ideologia.

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