Ncd ha fallito: Alfano scelga con chi stare

di F orse l'autunno non sarà caldo: paura per deflazione incombente e guerre tutto intorno all'Europa spaventano popolazioni invecchiate e dunque poco bellicose. Però i nostri guasti continueranno a crescere: dalla tentazione di «affidarsi» allo straniero con la maledetta teoria ciampian-prodiana del «vincolo esterno» che ci doveva disciplinare (e ci ha strozzati) al radicarsi di proteste senza senso dei clown alla Beppe Grillo. E non sarà facile ricostruire gli strumenti anticrisi: dallo Stato (allo sbando dal '92) al nostro peso in Europa (franato dopo il complotto anti-governo Berlusconi). Matteo Renzi apre spazi ma non sempre sa come riempirli. E se la politica azzoppata dall'ala politicizzata della magistratura ha difficoltà, ancora più grosse sono quelle di un Ncd che ha prima sostenuto il governo Letta e poi l'attuale.

Al di là dell'errore strategico - pensare che Silvio Berlusconi fosse «scomparso» politicamente - emerso platealmente quando Renzi lo ha scelto, rovesciando l'impostazione di Enrico Letta, come principale interlocutore per le riforme istituzionali, è l'accumularsi delle tante sconfitte particolari che sta sfibrando la pattuglia di Angelino Alfano.

Si dichiarava un ruolo da «sentinella anti-tasse» e si sta in un governo che ha riportato la pressione fiscale al livello più alto raggiunto da Mario Monti. Si voleva moderare la protesta anti-immigrati per convincere Bruxelles ad aiutarci e ci si è isolati e si denuncia i vu' cumprà sulle spiagge. Si lottava per i «valori non negoziabili» (vita, famiglia, freno alla disgregazione morale) e si partecipa a un governo che ha spesso uno stile alla Zapatero (unioni gay, droga, eterologa, divorzi veloci). Si proponevano riforme istituzionali d'alto profilo e si è passati dal presidenzialismo al preferenzialismo, sbeffeggiati da Angelo Panebianco come epigoni del peggio della Prima repubblica.

Maurizio Sacconi lancia ora opportunamente la questione del superamento dell'articolo 18, poi però depotenzia il messaggio dicendo che su un tema così non si farà la crisi di governo e soprattutto non riesce a costruire quel consenso attivo con Cisl, Uil, Fiat e ampi settori del mondo impresa che non gli mancava quando era ministro del governo Berlusconi.

Al centrodestra «che c'è» (cioè quello all'opposizione spesso costruttiva al governo Renzi) forse difetta la qualità culturale di alcuni esponenti del Ncd, ma al partito di Alfano è evidente come ormai manchi una prospettiva strategica e come l'idea di essere stimolo riformista nel governo sia fallita. Il fatto è che la politica non è «intelligenza virtuale» bensì capacità di essere nella realtà effettuale delle cose. E queste «cose effettuali» incalzeranno sempre più l'Ncd a partire dalle prossime regionali dove la necessità di schierarsi per eleggere i governatori, escluderà ogni tipo di ambiguità. Con il Pd tassaiolo e statalista in Emilia, Liguria, Toscana? O per un'alternativa audace sussidiaristica e liberale? Con Il Veneto dei Zaia o con gli eredi degli Orsoni e degli Zanonato? Con il Sud dei Caldoro (e del «miglior» Giuseppe Scopelliti) o con quello dei de Magistris, dei Vendola e simili?

L'esaurimento del ruolo politico scelto si intreccia per l'Ncd con nette scelte pratiche.

Già si intravede la linea di rottura interna: l' Occidentale di Gaetano Quagliariello vuol «rompere» con la Lega Nord per preparare un esito da «costola» moderata del renzismo, la parte migliore di una tradizione amministrativa di qualità del Ncd si prepara a far la propria parte in coalizioni che le primarie annunciate da Berlusconi renderanno convincentemente inclusive.

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