«I turchi possono dare una mano in Libia perché sono in grado di influenzare le scelte dei gruppi di miliziani ad ovest di Tripoli, da dove partono i migranti» spiega a ilGiornale chi analizza la situazione per l'intelligence. Il modus operandi dei trafficanti è cambiato dallo scorso autunno spostando l'asse della partenze dalla Tunisia alla Libia e in particolare la Tripolitania, da dove arrivano anche in centinaia al colpo a bordo di grossi pescherecci. La premier Giorgia Meloni, nell'incontro con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha suggellato l'intesa politica per lavorare assieme nel contrasto all'immigrazione illegale. «Erdogan ha confermato la volontà di chiudere l'accordo, che prevede una triangolazione con la Libia. I migranti oramai partono soprattutto dalla Tripolitania e con i turchi c'è margine per essere efficaci sul campo» conferma una fonte di Palazzo Chigi. «Sarà un accordo ampio, di partenariato, che punta a rilanciare un quadro complessivo di collaborazione con la Turchia pure sui temi che hanno provocato scintille come l'energia e le esplorazioni al largo di Cipro» spiegano dalla Farnesina. Una mossa da realpolitik: tutto ha avuto inizio con l'incontro fra Meloni ed Erdogan a margine dell'assemblea generale dell'Onu dello scorso settembre. Poi si sono visti il ministro degli Esteri, Antonio Tajani ed il suo omologo turco. Il segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, è volato in Turchia in ottobre per lavorare ai contenuti. I rispettivi ministri degli Esteri stanno preparando l'accordo scritto, vero e proprio, che potrebbe servire ad ampliare, in futuro, la collaborazione pure in altre aree di interesse comune. In Africa e pure in Libia siamo spesso «concorrenti», ma la realpolitik può trovare dei punti d'incontro comuni.
I turchi hanno due basi militari in Libia: ad Al Watyah poco distante dal confine tunisino e ad est di Tripoli ad Al Qoms nell'ex centro dei corpi speciali della Marina ai tempi di Gheddafi. La prima è a sud di Zuwara, l'hub principale di partenza dei migranti in Tripolitania, anche se le barche salpano pure da Sabrata e Zawiyah sempre ad Ovest di Tripoli. «C'è ampia possibilità di collaborare a livello di scambi informativi e coordinamento nell'assistenza ai libici per il contrasto all'immigrazione illegale» spiega una fonte da Tripoli. Alla nostra intelligence non sfugge che «i gruppi dell'ovest, dove si concentrano le partenze, fanno affari e vanno avanti e indietro dalla Turchia». Roma e Ankara possono anche premere per sbloccare il difficile scongelamento dei rapporti fra Tripoli e Bengasi in vista di un futuro governo e delle attese elezioni. Erdogan, con i modi spicci da «sultano», può fare molto per aiutare l'Italia a tamponare gli sbarchi dalla Libia. La Turchia è già la «sentinella» europea, a caro prezzo, anche della rotta balcanica. Secondo Frontex «ha registrato il più grande calo annuale tra le principali rotte migratorie, con un numero di attraversamenti irregolari sceso del 28% a 98.600». Dalla Turchia non partono quasi più le barche dei migranti che arrivavano in Calabria lungo la rotta del Mediterraneo orientale.
Il nodo rimane la Libia: in ottobre e novembre sono crollate le partenze dalla Tunisia e aumentate quelle dalla Tripolitania anche del 26%. Da dicembre ad oggi gran parte 6.153 migranti sbarcati sono arrivati dalla Libia.
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