Nello zoo Pd via al regolamento di conti

Minoranza in subbuglio per la Direzione di oggi. Per Roma nel mirino Orfini

Nello zoo Pd via al regolamento di conti

Roma - Sì, il «tappo» è proprio Matteo. Non può che essere lui; lui senza dubbio alcuno. Matteo Orfini, che avete capito? Il «tappo» rispetto all'elevata statura di altri (Matteii e Cerchio magico). Il vaso di coccio, insomma, l'anello mancante dell'evoluzione pidina, l'individuo «X» che sta tra il superato rottamanderthal e l'homo rottamatorus. D'altronde l'ha certificato persino D'Alema, che pure ne è stato maestro e mentore, in una divertente intervista al Corsera di un paio di giorni fa. Orfini come unico neo pruriginoso nell'anamnesi della vecchia gloria: «Sono pronto all'autocritica: diciamo che l'ho allevato male...».

Ma se Orfini è l'ultimo dei capri espiatori individuati dai pasdaràn, allora il partito rischia grosso (considerato il peso del commissario romano) alla vigilia di una Direzione disinnescata poco alla volta sia dai renziani sia dalla minoranza. Segno che il momento è considerato esiziale e il richiamo della foresta funziona come non mai. La ministra Madia allora interpreta il ruolo della cecchina per il film con la regia di Palazzo Chigi e addita il presidente del Pd come responsabile della sconfitta: «Siamo stati rottamati dai cittadini e, se il tappo è Orfini, che si dimetta subito». Uscita kamikaze che, nel gioco delle marionette, viene rimbrottata dai vertici: «Consiglierei a tutti più sobrietà nelle dichiarazioni, Orfini si è assunto la responsabilità di commissario di Roma e lo ha fatto con grande impegno e determinazione, di cui va solo ringraziato», lo difende il vicesegretario Guerini. Mettendoci pure che le critiche a Orfini, nel marasma della batosta, sono pane quotidiano per i pidini romani (a cominciare dalla moglie di Franceschini, Michela Di Biase), ne consegue che uno dei focus del dibattito sul «che fare» è già stato spostato sulla dipartita più indolore, appunto quella di Matteo minore, cui anche Cuperlo dedica un pensierino. Potrebbero così cambiare alcuni equilibri, anche se ieri, all'affollata assemblea della sinistra, nella quale s'è fatto vivo pure Bersani, il leader Speranza ha spiegato di non aspirare a posti o strapuntini. Nessuno vuole vendetta, nessuno cova rancori, nessuno vuol passare per «sabotatore», come ha spiegato, tra i tanti, Errani. Ridare legittimità a Renzi, dicono più o meno tutti, aprire la fase nuova dell'ascolto, «altrimenti andiamo a sbattere».

Per un'auto che slitta così vistosamente, l'«inversione di marcia» è proprio quel che ci vuole. Se ci scappa l'«investito sulle strisce», basta si chiami Matteo e faccia l'arrogantello pure mentre spira. Ovviamente, che sia barbuto, oltre che barboso.

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